Se hai visto il film “Il favoloso mondo di Amélie” probabilmente non avrai dimenticato le imprese di gentilezza dell’altrettanto indimenticabile protagonista: dalle più studiate e articolate alle più semplici e fattibili, come quella di far attraversare la strada a un anziano signore non vedente e accompagnarlo alla fermata della metropolitana.
Ma quello di Amélie era un film, appunto, mentre nella realtà gli atti di gentilezza sono sempre più un’eccezione, tanto da suscitare spesso sorpresa in chi li riceve o ne è testimone.
Eppure, se per caso l’essere gentili solo per il genuino gusto di esserlo non ci interessasse, è stato dimostrato che fare qualcosa di gentile per gli altri stimola le endorfine e quindi di conseguenza dovrebbe avere un effetto positivo anche su di noi (uno studio di psicologia dell’Università della Carolina del Nord ha dimostrato che occuparsi degli altri influisce positivamente sulla nostra salute e longevità.).
Ma che cosa vuol dire essere gentili?
“Essere gentili significa mostrare attenzione nei confronti degli altri e di tutto il mondo che ci circonda, dell’ambiente, degli animali. È un’apertura all’esterno, in contrapposizione all’individualismo e all’arroganza che spesso contraddistinguono il nostro tempo” spiega Cristina Milani, vicepresidente del Movimento mondiale per la gentilezza (e fondatrice della onlus Gentletude*, di cui sotto riporto il decalogo). Nel 1997, a Tokyo, questo movimento ha dato vita per la prima volta all’evento che si festeggia ogni 13 novembre in centinaia di Paesi del mondo (vengono incentivati, per questo giorno e per la settimana relativa, dei gesti gentili nei confronti di un amico, di un collega, di uno sconosciuto, oppure vengono promossi acquisti solidali per i meno fortunati). In Italia, l’iniziativa è stata introdotta nel 2000 dal Movimento italiano per la gentilezza che (come si legge nel sito ufficiale) ricerca “una più profonda e concreta diffusione della gentilezza fra i concittadini, del senso civico, del rispetto delle regole, della cosa pubblica, dell’ambiente e delle persone, nel quadro di una più armonica convivenza tra gli uomini”.
La gentilezza ha comunque sollevato controversie fin dai tempi antichi: i filosofi dell’antica Grecia, i Padri della Chiesa, gli intellettuali del Rinascimento e i pensatori dell’Illuminismo si sono sempre divisi tra chi sosteneva o meno l’inclinazione alla gentilezza dell’animo umano. Nel 1741 il filosofo scozzese David Hume, ad esempio, rispondendo a una scuola filosofica che riteneva l’umanità irrimediabilmente egoista, si chiedeva come fosse possibile che le persone rinnegassero la gentilezza e i grandi piaceri che se ne possono trarre, perdendo così contatto con la loro realtà emotiva.
In effetti la gentilezza non è una cosa da eroi, ma è qualcosa che deve soltanto essere riscoperta, coltivata e che, magari, potrebbe anche creare una reazione a catena, un inaspettato contagio positivo, perché, proprio come dice il premio Nobel Aung San Suu Kyi (nel suo discorso sulla pace, pronunciato il 16 giugno 2012): “Ogni gentilezza ricevuta, grande o piccola, mi ha convinta che non ce ne sarà mai abbastanza nel nostro mondo […] e perfino il più piccolo gesto di gentilezza può illuminare un cuore incattivito: la gentilezza può cambiare la vita delle persone“.
Quindi, non serve davvero essere Superman: gentilezza è sorridere a chi ci parla e a chi incontriamo (che importa se non ci conosciamo?), è cedere il posto sui mezzi pubblici a chi è più anziano o alla donna incinta (o farli passare avanti nella coda alla cassa del supermercato), gentilezza è ringraziare e salutare, è offrire un aiuto a chi ci sembra in difficoltà, è ascoltare (veramente). Gentilezza è guidare senza mandare tutti a quel paese con gestacci, è lasciar passare qualcuno sulle strisce (sarebbe un obbligo in realtà, ma ormai è un optional, di gentilezza appunto); gentilezza è rispondere alle mail e ai messaggi entro un tempo ragionevole (e in ogni caso… rispondere!), gentilezza è non sporcare l’ambiente con i nostri rifiuti (con mozziconi, gomme da masticare o fazzoletti di carta, per esempio). Gentilezza è molto altro ancora, ma tutto questo è considerato spesso come una poco moderna perdita di tempo. Un atteggiamento gentile è visto talvolta addirittura con sospetto, quasi fosse una forma di debolezza (si pensi al fenomeno del bullismo che in genere vede coinvolti come vittime i ragazzi meno aggressivi, un po’ timidi o comunque considerati più deboli o diversi). Che dire, inoltre, di quei post che è facile leggere su facebook in cui si prendono in giro o si denigrano, gratuitamente e con inutile spreco di creatività, questa o quella categoria di persone? Comunque il mondo virtuale meriterebbe un discorso a sé, tanto i comportamenti sono esasperati dalla (falsa) protezione dello schermo. Sicuramente però sono emblematici di una tendenza alla non-cortesia che contagia giovani e meno giovani.
In Elogio della gentilezza, di Adam Phillips e Barbara Taylor (Ponte alle Grazie, 2009) si afferma che: “siamo molto ambivalenti rispetto alla gentilezza, la amiamo e la temiamo: sentiamo molto acutamente la sua mancanza, ma facciamo resistenza nei confronti dei nostri impulsi generosi” e soprattutto viene fatto notare che “il sospetto” più grave a carico della gentilezza d’animo è che essa sia solo una forma di narcisismo camuffato. Siamo generosi perché la cosa ci fa sentire bene con noi stessi: le persone generose sono i drogati dell’autocompiacimento. Dovendo rispondere a questo argomento il filosofo Francis Hutcheson lo liquidò bruscamente: “Se questo è amore per sé stessi, bene, che lo sia… Nulla può essere migliore di questo amore per sé stessi, nulla più generoso”.
E, in effetti, tra un mondo totalmente privo di gentilezza e uno dove ancora ne esiste un po’, io continuerei a preferire il secondo, anche se questa gentilezza comportasse un certo autocompiacimento in chi è gentile. Tu no?*Ecco le dieci azioni della Gentilezza che ci propone l’associazione Gentletude (citata sopra):
-Vivere bene insieme: ascoltare ed essere pazienti
-Essere aperti verso tutti: salutare, ringraziare e sorridere
-Lasciare scivolare via le sgarberie e abbandonare l’aggressività
-Rispettare e valorizzare la diversità, grande fonte di ricchezza
-Non essere gelosi del sapere: comunicare, trasmettere e condividere
-Il pianeta è uno solo, non inquinare e non sporcare
-Ridurre gli sprechi: riciclare, riutilizzare e riparare
-Seguire la stagionalità e preferire i prodotti locali
-Proteggere gli animali: non sfruttarli, non maltrattarli e non abbandonarli
-Allevare gli animali in modo etico, non infliggere sofferenzeSperiamo in un bel contagio… di gentilezza!
(Irene Marchi – Articolo già apparso su https://caffebook.it/2016/11/13/gentilezza-lasciamoci-contagiare/)