Visualizzazione post con etichetta William Carlos Williams. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta William Carlos Williams. Mostra tutti i post

6 febbraio 2024

Con una piccola calamita

 

William Carlos Williams ha scritto questa poesia (nel 1934) come fosse un biglietto, una tenera confessione, per la moglie. Ma lo spunto del biglietto oggi lo vorrei riciclare per scrivere un messaggio a me stessa: perché, a volte, certe cose abbiamo bisogno di vederle nero su bianco.

Tu che cosa scriveresti a te stessa, a te stesso, in un foglietto da attaccare al frigorifero (per leggerlo e rileggerlo spesso)?

***

This Is Just To Say

«I have eaten
the plums
that were in
the icebox

and which
you were probably
saving
for breakfast

Forgive me
they were delicious
so sweet
and so cold»

***

Solo per dirti

«Ho mangiato io
le prugne
che erano
in frigorifero

e che tu
probabilmente
avevi tenuto da parte
per colazione

Scusami
ma erano deliziose
così dolci
e così fredde».

William Carlos Williams (Stati Uniti, 1883 – 1963), da The Collected Poems: Volume I, 1909-1939, New Directions Publishing Corporation, 1991

°ascoltando René Aubry – Petite fille –  https://www.youtube.com/watch?v=55Jr9qFcLqM


4 dicembre 2015

Poetico o non poetico?


Lawrence Ferlinghetti in Cos’è la poesia – Sfide per giovani poeti 

 

Di cosa dovrebbero parlare le poesie? Esistono argomenti poetici e argomenti non poetici? Basta riempire una dozzina di righe con fiori primaverili, malinconie struggenti e lune piene per fare una poesia? Mentre spazzatura e  ‘cose sgradevoli’ non possono portare un testo a essere definito poetico? Leggendo  questo testo di William Carlos Williams (proposto da Donatella Bisutti in La poesia salva la vita, Mondadori, 1992, p. 7) si può tranquillamente dire che  non è così: anche ‘cose brutte, sporche e cattive’ possono essere i tasselli di una poesia:

Tra Muri

dell’ospedale l’ala

posteriore

dove nulla

crescerà

giacciono scorie

tra cui splendono i rotti

cocci d’una verde

bottiglia

Tutto (il bello, il brutto, l’allegro, il triste, l’utile, l’inutile ecc.) in realtà può diventare argomento di una poesia: l’importante è come una cosa viene dapprima vista e poi raccontata dal poeta. Se il poeta sarà capace di guardare e dipingere in modo diverso, particolare e meravigliato quell’oggetto del suo scrivere, allora anche il lettore potrà percepire quella meraviglia o quel pensiero differente…  e poesia poterebbe essere.
Di Pablo Neruda esiste per esempio un’ Ode ai calzini  (riportata da Alfonso Berardinelli e Hans Magnus Enzensberger in Che noia la poesia. Pronto soccorso per lettori stressati, Einaudi, 2006, p. 80)

[…] due calzini morbidi come lepri.

C’infilai dentro i piedi

come in due guaine

tessute con il filo del

crepuscolo e vello di pecora[…]

L’oggetto di una poesia  può essere ogni cosa purché vista  in modo nuovo:  «La poesia  è come un paio di occhiali da infilare con attenzione per vedere, della realtà, quello che di solito non vediamo. A questo riguardo siamo tutti un po’ miopi» afferma sempre Donatella Bisutti in La poesia salva la vita.
Quindi, come commenta anche lo stesso Berardinelli: «Nessuno può fare prescrizioni alla lirica; è forse la forma di espressione umana più libera che esista».

Perché il poeta…

è maestro d’ontologia

che interroga costantemente la realtà

e la reinventa

Lawrence Ferlinghetti in Cos’è la poesia – Sfide per giovani poeti