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6 febbraio 2024

Con una piccola calamita

 

William Carlos Williams ha scritto questa poesia (nel 1934) come fosse un biglietto, una tenera confessione, per la moglie. Ma lo spunto del biglietto oggi lo vorrei riciclare per scrivere un messaggio a me stessa: perché, a volte, certe cose abbiamo bisogno di vederle nero su bianco.

Tu che cosa scriveresti a te stessa, a te stesso, in un foglietto da attaccare al frigorifero (per leggerlo e rileggerlo spesso)?

***

This Is Just To Say

«I have eaten
the plums
that were in
the icebox

and which
you were probably
saving
for breakfast

Forgive me
they were delicious
so sweet
and so cold»

***

Solo per dirti

«Ho mangiato io
le prugne
che erano
in frigorifero

e che tu
probabilmente
avevi tenuto da parte
per colazione

Scusami
ma erano deliziose
così dolci
e così fredde».

William Carlos Williams (Stati Uniti, 1883 – 1963), da The Collected Poems: Volume I, 1909-1939, New Directions Publishing Corporation, 1991

°ascoltando René Aubry – Petite fille –  https://www.youtube.com/watch?v=55Jr9qFcLqM


12 aprile 2023

Idem


Io come lui: vergogna assoluta per i miei abbozzi di parole su carta; però anche il bidone (straripante) della plastica dovrebbe farci (a tutti) un po’ vergognare. Ah… dice che si ricicla… mmmhh… mi sa che è troppa comunque.

***

Spazzatura

Tutta la spazzatura finisce discretamente in sacchi,
alcuni pesanti di sbornie, altri leggeri.
Questi volano per aria, quelli devo trascinarli
con uno sbattere di bottiglie all’ingresso senza cancello.

Non mi sono mosso quando mi hanno aggiustato il tetto
o quando il muratore mi ha rifatto l’intonaco;
con il lavavetri scambio cenni e sorrisi
e non mi stacco un momento dal tavolo in disordine.
Chissà dunque perché, quando al lunedì due uomini
attraversano il prato spelacchiato per svuotarmi i bidoni,
come se i miei rifiuti fossero vergognosi,
una confessione pubblica dei miei peccati,
sgattaiolo via dallo studio e mi nascondo?

Penso sia il timore di essere sorpreso
a scrivere mentre quelli gettano con i guantoni
sacchi neri di abbozzi cestinati nel camion.

Tony Harrison, da In coda per Caronte, Einaudi, 2003, traduzione di Massimo Bacigalupo

°ascoltando (per provare comunque a ballare) – Juzzie Smith – Harmonica Ho-Downhttps://www.youtube.com/watch?v=W0fFh8rvKtU


9 ottobre 2022

Dipingere a parole?

 


(Prova a dipingere qualcosa solo con le parole)

***

 

Perché non sono un pittore

Non sono pittore, sono poeta.
Perché? Forse preferirei essere
pittore, ma non lo sono.

Ad esempio, Mike Goldberg
sta iniziando un quadro. Vado a trovarlo
“Siediti e bevi qualcosa” dice
Bevo, beviamo. Guardo
in alto. “Ci hai scritto SARDINE.”
“Sì, lì ci mancava qualcosa.”
“Ah.” Me ne vado, passano i giorni
e ritorno. Il quadro
va avanti; me ne vado, passano
i giorni. Ritorno. Il quadro è
finito. “Dov’è SARDINE?”
Resta solo qualche
lettera, “era troppo pieno,” dice Mike.

E io? Un giorno penso a
un colore: l’arancio. Scrivo un verso
sull’arancio. Ben presto diventa
una pagina di parole, non di versi.
Poi un’altra pagina. Ci dovrebbe
essere molto di più, non d’arancio, ma di
parole, su quanto sia terribile l’arancio
e la vita. Passano i giorni. È perfino in
prosa, sono un vero poeta. La poesia
è finita e non ho ancora nominato
l’arancio. Sono dodici poesie, le chiamo
ARANCE. E un giorno in una galleria
vedo il quadro di Mike intitolato SARDINE.

 

***

Why I am not a painter

I am not a painter, I am a poet.
Why? I think I would rather be
a painter, but I am not. Well,

for instance, Mike Goldberg
is starting a painting. I drop in
“Sit down and have a drink” he
says. I drink; we drink. I look
up. “You have SARDINES in it.”
“Yes, it needed something there.”
“Oh.” I go and the days go by
and I drop in again. The painting
is going on, and I go, and the days
go by. I drop in. The painting is
finished. “Where’s SARDINES?”
All that’s left is just
letters, “It was too much,” Mike says.

But me? One day I am thinking of
a color; orange. I write a line
about orange. Pretty soon it is a
whole page of words, not lines.
Then another page. There should be
so much more, not of orange, of
words, of how terrible orange is
and life. Days go by. It is even in
prose, I am a real poet. My poem
is finished and I haven’t mentioned
orange yet. It’s twelve poems, I call
it ORANGES. And one day in a gallery
I see Mike’s painting, called SARDINES.

Frank O’Hara (Baltimora, 1926-66), da Selected Poems by Frank O’Hara,  traduzione di Andrea Sirotti

°ascoltando  Neil Young – The Painterhttps://www.youtube.com/watch?v=oK1VtfeyPOA






6 settembre 2022

Dolore o incertezza (o niente)?



Se fosse vero che scrivere guarisce,
per guarire da quale dolore o da quale incertezza
cominceresti a scrivere?
(E se invece fosse vero che scrivere non serve a niente?)

***

È la mano che interrompe la riga,
per impulso ancestrale e va daccapo?
Anche la mano avverte
che il tempo stringe e che non è più il caso
di farla lunga?

Dicono che si scrive per guarire.
Da che dolore? Non c’è più dolore,
solo incertezze
e non si sa a chi chiedere.

Anna Maria Carpi, da E non di sa a chi chiedere, Marcos y Marcos, 2020

°ascoltando Elliott Smith – Ballad Of Big Nothing – https://www.youtube.com/watch?v=iU9yMN1MCfY


4 febbraio 2022

Matite gialle e formiche

 



Sarà facile o difficile fare una poesia?     Che cosa servirà?

 

Fare una margherita (scrivere)

Allora non è facile fare una poesia?
non basta prendere un pezzo di carta
e una matita? non è come per la terra
fare un filo d’erba, una margherita?

Vivian Lamarque (Tesero, 1946), da Coinquilina poesia, in Madre d’inverno, Mondadori   

***

Consiglio agli scrittori

Anche se ti tiene in piedi per tutta la notte,
lava a fondo le pareti e pulisci i pavimenti
dello studio prima di comporre una sillaba.

Pulisci come se il Papa stesse arrivando.
Il candore è nipote dell’ispirazione.

Più pulisci, più brillante
sarà la tua scrittura, e allora non esitare a prendere
per i campi e a sfregare il fondo
dei sassi o spolverare sui rami più alti
della buia foresta i nidi pieni di uova.

Quando ritroverai la strada di casa
e riporrai spugne e spazzole sotto il lavello
vedrai alla luce dell’alba
l’altare immacolato della tua scrivania,
una superficie pulita al centro di un mondo pulito.

Da un vasetto, azzurro splendente, solleva
una matita gialla, la più appuntita del mazzo,
e ricopri pagine di piccole frasi
come lunghe file di fedeli formiche
che ti hanno seguito fin qui dal bosco.
 
Billy Collins (New York, 1941), da  A vela, in solitaria, intorno alla stanza, traduzione di Franco Nasi, Fazi Editore

 

♣ ascoltando  Bert Jansch – The Gardener
https://www.youtube.com/watch?v=8W3Tdgxxp5g


10 ottobre 2021

Quello che vorresti leggere

 

Di che cosa parla il libro che avresti tanto bisogno di leggere,
ma così tanto bisogno che arriveresti anche a scriverlo tu stess*?

***

 

L’unica poesia

Questa è l’unica poesia
che io possa leggere
Sono l’unico
che possa scriverla
Non mi sono ammazzato
quando le cose sono volte al peggio
Non mi sono dato
alle droghe o all’insegnamento
Ho cercato di dormire
ma quando non riuscivo a dormire
Ho imparato a scrivere
Ho imparato a scrivere
quel che potrebbe leggere
in notti come questa
uno come me

Leonard Cohen, da Stranger music: poesie e canzoni scelte, traduzione di Alessandro Achilli, Baldini & Castoldi, 1997

° ascoltando Leonard Cohen (musica di Philip Glass) – Bοοκ of Longing https://www.youtube.com/watch?v=iAIWwcIkAX0

26 maggio 2021

Scripta manent

 

Scrivi una lettera fatta solo di pensiero
 e senza inchiostro 
(ti presto la macchina da scrivere 
qui sopra, se non ne hai una) 
e spediscila idealmente a chi vuoi tu. 
Probabilmente non riceverai risposte,
 ma scrivere lettere col pensiero 
aiuta comunque a riordinare 
e a chiarirsi le idee.
 
*** 

Lettera

Tu mi hai detto se mi scrivi
non battere tutto a macchina
aggiungi una linea di tua mano
una parola un niente oh non gran cosa
sì sì sì sì sì sì sì sì

Eppure la mia Remington è bella
io l’amo molto e l’adopero bene
la mia scrittura è netta e chiara
si vede che sono io che l’ho battuta

Ci sono dei bianchi che solo io so fare
vedi che bell’aspetto ha la mia pagina
eppure per farti piacere io aggiungo ad inchiostro
due tre parole
e una grossa macchia d’inchiostro
perché tu non possa leggerle

Blaise Cendrars (La Chaux-de-Fonds- Svizzera, 1887 – Parigi, 1961), da Fogli di viaggio, 1926, traduzione di Luciano Erba

°ascoltando, di Leroy Anderson, The Typewriter (qui interpretata da Jerry Lewis nel film “Dove vai sono guai!” del 1963) – https://www.youtube.com/watch?v=gh5zjxsCcOs


9 aprile 2021

Calligrafie

 


Scrivi ancora qualcosa a mano (a parte la lista della spesa)? Le lettere personali, un diario, gli appunti di una riunione… E quali sono gli scarabocchi che fai più spesso quando stai telefonando e hai penna e foglio sotto mano? Quei disegnetti pare dicano molto di noi: secondo gli psicologi esprimerebbero le nostre emozioni inconsce o nascoste, quindi non sono proprio da sottovalutare.

In ogni caso, che si scarabocchi o meno, viva la cara, vecchia scrittura a mano!

***

CARA SCRITTURA a mano, eri un conforto.
Torna indietro o in avanti o ritta in piedi,
come fanno i capelli sulle teste.
Dicevi chi eravamo, ci svelavi:
estroverso, introverso, pavido, megalomane,
molto di più non siamo.

Ma chi ti vede più, anche la mia
mi capita di rado sotto gli occhi:
un numero di telefono, un appunto
che a volte non decifro.
E anche la firma, quando mi è richiesta,
è ridotta a ben poco ed illeggibile
quasi avesse paura.

Anna Maria Carpi, da La macchia dell’origine, in E tu tra i due chi sei, Scheiwiller, 2007

°ascoltando Caparezza – China Town https://www.youtube.com/watch?v=zW2_PdTNTNM


27 maggio 2020

Cyrano o non Cyrano?

 


Ti hanno mai chiesto di fare il Cyrano della situazione?
A me sì, una volta, ma non ho saputo dare dei suggerimenti molto originali.

***


Lezioni di punteggiatura (prima parte)

Mi chiedi come farti capire, tu,
impacciato e acerbo di scrittura
– tu che l’ami e glielo vuoi scrivere –
quali parole? quali pause?

Posso dirti poco,
temo che l’amore
non conosca la punteggiatura
– e neppure l’educazione –
ma ho sentito dire che una virgola
a volte è un punto fisso
reso incerto da una lacrima.
I due punti invece non hanno dubbi:
due punti
e tutto diventa chiarissimo
come un bacio improvviso
appoggiàti a un muro.

Perciò, se sei sicuro, prova con
Volevo dirti questo: ti amo
– e lascia perdere gli esclamativi.
Ne riparliamo alla prossima lezione.

Irene Marchi, da L’uso delle parole e delle nuvole, Cicorivolta Edizioni, 2020

 

*ascoltando Francesco Guccini – Cyrano https://www.youtube.com/watch?v=9WTYTrQ_EWk


3 settembre 2019

Che cosa?

 


Che cosa ti può dare una poesia?

Riporto alcune righe da un’intervista a Charles Simic, poeta statunitense di origine serba, nato  nel 1938 (dal “Corriere della Sera”, 11 agosto 2019): “In una poesia lirica, un’altra coscienza vive in noi quando ci riconosciamo nelle parole di uno sconosciuto. […] Una bella poesia è un segreto  condiviso da due persone che non si sono mai incontrate faccia a faccia. Per quanto mi riguarda nessuna storia d’amore può reggere il confronto (…)”. Esagera? Beh, diciamo che quella poesia rimane e la storia d’amore può finire! In ogni caso tra chi  legge una poesia e chi l’ha scritta a volte si può creare una corrente di emozioni che va oltre il tempo e lo spazio (potrebbe sembrare una corrente a senso unico ma in realtà anche lo scrittore, mentre scrive, si rivolge a un lettore “sospeso”).

***

 

Chi sei tu, lettore che leggi
le mie parole tra un centinaio d’anni?
Non posso inviarti un solo fiore
della ricchezza di questa primavera,
una sola striatura d’oro
delle nubi lontane.
Apri le porte e guardati intorno.
Dal tuo giardino in fiore cogli
i ricordi fragranti dei fiori svaniti
un centinaio d’anni fa.
Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire
la gioia vivente che cantò
in un mattino di primavera,
mandando la sua voce lieta
attraverso un centinaio d’anni.
 

Rabindranath Tagore (India, 1861-1941)

*ascoltando Axel Rudi Pell – Emotional Echoes  - https://www.youtube.com/watch?v=ICtP9r7V1A8


19 febbraio 2018

Ricette poetiche

 


Tre etti di libertà e due di fantasia, un bicchiere di pioggia viola, una manciata di nuvole (meglio se quelle del tardo pomeriggio) e un pizzico di follia (meglio se inguaribile): mescola con leggerezza e fai lievitare le parole nell’aria.

***

 

Prendete una parola? prendetene due
fatele cuocere come se fossero uova
scaldatele a fuoco lento
versate la salsa enigmatica
spolverate con qualche stella
mettete pepe e fatele andare a vela.

Ora dove ve n’andrete?
A scriver davvero? A scriver?

Raymond Queneau (Le Havre, 1903 – Parigi, 1976), da Il cane con il mandolino, 1965

 *

La materia della poesia

                                      Per Salah Stétié

C’è una sostanza delle cose che non
si perde quando le ali della bellezza
la toccano. La perdiamo di vista, talvolta,
girando gli angoli della vita; ma
lei ci insegue con il suo desiderio
di permanenza, e viene a contaminarci
con l’infezione divina di una febbre di
eternità. I poeti lavorano
questa materia. Le loro dita estraggono
il caso da dentro chi va
loro incontro, e sanno che l’improbabile
si trova nel cuore dell’istante,
nell’incrocio di sguardi che
la parola della poesia traduce. Leggo
ciò che scrivono; e dalla fiamma che
i loro versi alimentano si leva
un fumo che il cielo disperde, in
mezzo all’azzurro, lasciando appena un
eco di ciò che è essenziale, e permane.

Nuno Júdice, da La materia della poesia, 2015, traduzione Chiara De Luca, Ed. Kolibris

°ascoltando Peter Green – The Supernatural https://www.youtube.com/watch?v=YoasUjXBkm8


28 novembre 2017

Decluttering mentale

 



Se scrivi su un foglio bianco quello che ti rimbalza nella mente (e  in certi momenti produce un rumore talmente forte che lo riescono a sentire anche quelli che ti stanno vicino – “Ma che faccia  strana hai?!”), poi ti sentirai un po’ meglio. Non  benebene, ma meglio. Poi butta via quel foglio. O anche no.

***

non puoi pensare senza pensare a qualcosa
i miei amici buddhisti ogni tanto pensano
per settimane a come non pensare a niente
spesso ci riescono
                             certe volte osservando
quella scultura famosa (o una sua fotografia)
io penso    oh quello non starà davvero pensando
a niente     vuole solo farlo credere ai
passanti per qualche motivo      o ha bisogno di tenersi
la testa pesante tra le mani per incastonare
i pensieri o le idee nella sua pietrosità
                                               così come io     accostando
la penna al foglio sono certa che la cosa
che mi opprimeva insopportabile sul petto
apparirà in parole      prenderà forma e canto
mi lascerà continuare a vivere

Grace Paley, da Fedeltà, traduzione di Livia Brambilla e Paolo Cognetti, Minimum Fax, 2011

 

°ascoltando Willie Nelson –Write Your Own Songs -https://www.youtube.com/watch?time_continue=48&v=KcV9zyx-HHE


26 maggio 2016

Che scrivi a fare?

 


 

Riporto due poesie (molto belle, secondo me) che riguardano la scrittura e i motivi che spingono a scrivere.

Già: i motivi che spingono a scrivere qualcosa che non sia un diario personale e che quindi sottintendono anche la speranza di essere letti. La speranza di riuscire a comunicare qualcosa.

Io, per esempio (che solamente “provo” a scrivere), perché lo faccio? Confesso che me lo domando spesso (chiedo scusa per questa parentesi autobiografica) – Ma che caspita mi è saltato in mente? Perché dovrei scrivere qualcosa anch'io, pincopallino sconosciuto e pure tendente all’asociale, in un mondo dove già scrivono tutti? Ma soprattutto, perché qualcuno dovrebbe  leggere quello che scrivo? Chi mi credo di essere?

Personalmente non ho ancora trovato una risposta (del resto le risposte sono  tesori  rarissimi e sempre ben nascosti). So solo che non scrivo perché mi credo qualcosa o qualcuno: semplicemente rispondo a un bisogno che è nato all’improvviso e che ora mi tiene compagnia. Quindi, nella fattispecie, forse dovrei solo dire: “Scusate se… scrivo!”.

 

Se ho scritto è per pensiero

(a M. M.)

Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell’ombra della sera
per la sera che di colpo crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta a una ringhiera
per l’attesa marina – senza grido – infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare più sola nell’enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi, mia la luce deserta
– da brughiera –
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso e la parola bosco
trema più fragile del bosco, senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.

Antonella Anedda, da Notti di pace occidentale, Donzelli, Roma, 1999

 ***

E così vorresti fare lo scrittore

Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo.
a meno che non ti venga dritto dal
cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla
macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai solo per soldi o per
fama,
non farlo.
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun
altro,
lascia perdere.

se devi aspettare che ti esca come un
ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro.
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.

non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’auto-
compiacimento.
le biblioteche del mondo hanno
sbadigliato
fino ad addormentarsi
per tipi come te.
non aggiungerti a loro.
non farlo.
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo.
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.

quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da
sé e continuerà
finché tu morirai o morirà in
te.

non c’è altro modo.

e non c’è mai stato.

Charles Bukowski, da E così vorresti fare lo scrittore, traduzione di S. Viciani, Guanda, 2007




Ipotesi di percorso

  (Perdersi tra l'argento degli ulivi mi sembra un bellissimo programma) ***   Dobbiamo cercare sepolture nel volo delle rondini i...