Come si esce dal labirinto?
Seguendo il filo dei ricordi? O forse il filo della fantasia?
Con ali di cera o con passi incerti ma “pensati”?
E se poi usciamo veramente?
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Il labirinto
Zeus non potrebbe sciogliere le reti
di pietra che mi stringono. Ho scordato
gli uomini che fui; seguo l’odiato
sentiero di monotone pareti
ch’è il mio destino. Dritte gallerie
che si curvano in circoli segreti,
passati che sian gli anni. Parapetti
in cui l’uso dei giorni ha aperto crepe.
Nella pallida polvere decifro
orme temute. L’aria m’ha recato
nei concavi crepuscoli un bramito
o l’eco d’un bramito desolato.
Nell’ombra un Altro so, di cui la sorte
è stancare le lunghe solitudini
che intessono e disfanno questo Ade
e bramare il mio sangue, la mia morte.
Ci cerchiamo l’un l’altro. Fosse almeno
questo l’ultimo giorno dell’attesa.Jorge Luis Borges, da Elogio dell’ombra, Einaudi, Torino, 1971, traduzione di Francesco Tentori Montalto
* ascoltando Elisa – Labyrinth https://www.youtube.com/watch?v=nYlLOFFpU84