(Senza titolo)
(11 ottobre 2023)
Quando c’è un nuovo incendio di orrore nel mondo (un orrore in più, che si aggiunge a tutti gli altri già esistenti da sempre) mi chiedo che senso abbia stare qui a condividere poesie. Davvero: che senso ha?
Ma stasera ho letto questa poesia (grazie alla mia cara amica E.) che parla di “un ritmo di pace”. Una briciola di speranza è meglio di un vuoto di speranza, quindi:
Creare la pace
Una voce dal buio gridò,
“I poeti devono donarci
immaginazione di pace, per scacciare la violenta, consueta
immaginazione del disastro. Pace, non solo
l’assenza di guerra”.
Ma la pace, come una poesia,
non esiste prima di esserci,
non si può immaginare prima che sia creata,
non si può conoscere se non
nelle parole di cui è fatta,
grammatica di giustizia,
sintassi di mutuo soccorso.
Un’ impressione,
la vaga intuizione di un ritmo, è tutto quello che abbiamo
finché non cominciamo a pronunciarne le metafore,
a scoprirle mentre parliamo.
Un verso di pace potrebbe forse
nascere
se riformuliamo la frase della nostra esistenza,
cancelliamo la sua riaffermazione di profitto e potere,
mettiamo in discussione i nostri bisogni, ci prendiamo
lunghe pause . . .
Un ritmo di pace potrebbe forse reggersi
su quel fulcro diverso; la pace, una presenza,
un campo di forza più intenso della guerra,
potrebbe allora palpitare,
strofa dopo strofa nel mondo,
ogni gesto di vita
una sua parola, ogni parola
un fremito di luce – facce
del cristallo che si va formando.
Denise Levertov (1923-1997), da Respirare l’acqua in Alle isole via terra, Crocetti Editore, maggio 2023
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