“Così tante cose sembrano aspettare di essere perse” si legge in questa poesia, e ancora: “Ogni giorno perdi qualche cosa, (…) allora impara a perdere di più, a perdere più in fretta”… non rimane dunque che abituarsi a perdere qualcosa di poco importante, ogni giorno, per sopportare perdite maggiori?
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Una sola arte
L’arte di perdere non è difficile da imparare;
così tante cose sembrano aspettare
di essere perse, che perderle non è un disastro.
Accetta l’ansia
di chiavi perdute, di un’ora spesa male.
L’arte di perdere non è difficile da imparare;
allora impara a perdere di più, a perdere
più in fretta:
luoghi e nomi e dov’è che avevi in mente
di andare. Non sarà mai un disastro.
Ho perso l’orologio di mia madre. E guarda!
l’ultima
o la penultima di tre amate case ho perso.
L’arte di perdere non è difficile da imparare.
Ho perso due città, belle. E, più vasti,
i regni che possedevo, due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è poi un disastro.
Anche perdere te (la voce giocosa, i gesti
che amo) sarà la stessa cosa. È evidente
che l’arte di perdere s’impara fin troppo presto
anche se pare (scrivilo!) un disastro.Elizabeth Bishop, (Worcester, 1911 – Boston, 1979), traduzione di Gabriella Sica, da Emily e le Altre, di Gabriella Sica, Cooper, 2010
*ascoltando Placebo – Where is my mind https://www.youtube.com/watch?v=YVFLgx8o7XM