Ancora dubbi


«… apprezzo tanto due piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra vita in territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuta Terra. Se Isaak Newton non si fosse detto “non so”, le mele nel giardino sarebbero potute cadere davanti ai suoi occhi come grandine e lui, nel migliore dei casi, si sarebbe chinato a raccoglierle, mangiandole con gusto…» Wislawa Szymborska, dal discorso tenuto in occasione del conferimento del Premio Nobel (1996).


Lo ammetto, le certezze non sono il mio forte. Ma (e in questo caso sono quasi sicura) chi non si trova almeno un po’ a disagio di fronte a qualcuno che sa sempre con dichiarat(issim)a sicurezza cosa è giusto fare o non fare? Di fronte a qualcuno che ha idee chiare su tuttomapropriotutto e non userebbe la parola forse nemmeno sotto tortura? Non è un po’ destabilizzante tanta, troppa, sicurezza? Un sano dubbio a volte può essere perfino utile. Solo uno ogni tanto. Certo, il dubbio, per sua natura, mette in discussione e trasmette la sensazione di un qualcosa perennemente in divenire, e questo può spaventare… forse, mah…

 

C’é chi

C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
È tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.

È lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.

Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.

Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più,
perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio.

E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.

A volte un po’ lo invidio
– per fortuna mi passa.

Wislawa Szymborska, da Basta così, traduzione di Silvano De Fanti, Adelphi, 2012

 ***

Un appunto
 
La vita – è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;

essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;

distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;

stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.

Un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;

e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l’erba;
e seguire con gli occhi una scintilla nel vento;

e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante.

Wislawa Szymborska,  da Attimo, 2002, in La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani.

* ascoltando: Anouk – I Don’t Know Nothing https://www.youtube.com/watch?v=b238QoIurho 

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