*Apro con questo post la sezione “Fuori tema”. In questo spazio potrà trovare posto qualcosa che non ha a che fare direttamente con la poesia, ma che in qualche modo è legata al mondo della lettura o della scrittura o dell’arte in generale, complici magari alcune frasi “folgoranti” lette nei libri che poi danno origine a varie considerazioni… In sostanza, in questa sezione, troveranno posto le mie inutili divagazioni al di fuori del tema poesia.*
Bookcrossing: “liberare” e condividere i libri
«Leggo libri usati perché […] ogni copia di un libro può appartenere a molte vite e i libri dovrebbero stare incustoditi nei posti pubblici e spostarsi insieme ai passanti che se li portano dietro per un poco e dovrebbero morire con loro, […], insomma ovunque dovrebbero morire tranne che di noia e di proprietà privata, condannati a vita in uno scaffale».
Così scrive Erri De Luca in Tre cavalli e penso che abbia assolutamente ragione. Inoltre ultimamente, leggere libri che sono appartenuti ad altri è un’esperienza che può capitare con facilità.
Infatti, al di là delle classiche e assolutamente indispensabili biblioteche pubbliche, si sta diffondendo sempre di più anche in Italia il Bookcrossing.
Di cosa si tratta? Il nome inglese (in Italia questa attività è nota anche come Giralibri, Liberalibri, Libri in libertà, Libri Liberi, sebbene in realtà tutte queste denominazioni indichino anche metodologie di condivisione leggermente differenti) deriva dall’unione di book con crossing ovvero passaggio ed è un’iniziativa di libera e gratuita condivisione dei libri tra le persone. Il bookcrossing nasce nel 2001, negli Stati Uniti, da un’idea dei coniugi Ron e Kaori Hombaker che, prendendo spunto da alcuni sistemi di tracciamento in rete, lanciarono il loro sito per lo scambio libero dei libri. Cito dal sito italiano (www.bookcrossing-Italy.com, a cui ad oggi sono iscritti - gratuitamente - più di 500.000 utenti che si definiscono BookCrossers o bookcorsari): “L’intenzione è quella di condividere un libro con il mondo, liberandolo […] se l’idea di abbandonare un libro in giro ti sembra strana, per un bookcorsaro il libro è il mezzo per trasmettere un’emozione e questa non smette di esistere quando il libro non c’è più”.
I libri possono essere semplicemente lasciati in un luogo pubblico (in stazione, su una panchina, su una sedia di un bar, in una sala d’attesa, in un albergo, in un museo, in un rifugio di montagna o in qualsiasi altro luogo pubblico) e quindi trovati casualmente da altri (e questa è forse la modalità più romantica). Ma possono anche essere scambiati in zone ufficiali (e si parla di Official Crossing Zone, OCZ), ovvero luoghi registrati formalmente e segnalati sulle mappe presenti nei vari siti interessati: qui sono a disposizione i libri “liberati” da altri bookcorsari e chiunque può a sua volta prendere o, appunto, liberare altri libri. Sempre grazie a internet è possibile inoltre seguire il percorso del proprio libro assegnandogli un codice unico (BCID) che viene applicato con delle etichette; chi poi trova il libro può, tramite il sito di riferimento, annotare il luogo dove lo ha trovato, commentarlo e soprattutto indicare dove lo ha successivamente rilasciato.
Intorno a questo progetto, nel corso degli anni sono nate molte altre iniziative: comunità di bookcorsari, forum dove è possibile scambiare suggerimenti e sono molti i Comuni italiani che sostengono l’iniziativa nei loro siti o in quelli dei relativi Informagiovani (di recente sono nate alcune varianti di questa attività: bookrings, bookrays e bookboxes, ovvero liste di utenti che si scambiano, anche da un continente all’altro i libri via posta). Inoltre questa pratica di scambio dei libri non esclude necessariamente un contatto diretto tra i partecipanti: l’avere alle spalle una comunità che condivide il metodo e l’esperienza di questo scambio porta infatti molto spesso all’organizzare dei ritrovi virtuali ma anche concreti.
Simili come filosofia ma differenti come modalità sono poi le Little Free Libraries. Si tratta di piccole casette di legno artigianali che contengono una certa quantità di libri in continuo cambiamento. I libri infatti possono essere presi e depositati da chiunque, anche se di solito queste piccole librerie sono pensate soprattutto per le persone del quartiere dove sono poste. I luoghi più adatti per l’installazione di una Little Free Library sono parchi, giardini, cortili, spazi comuni di condomini, ma anche bar o ristoranti. La regola fondamentale di queste librerie è prendere un libro e donarne un altro (“Take a book. Return a book“). Anche in questo caso l’idea è partita dagli Stati Uniti, dove Todd Bol ha costruito nel 2009 la prima Little Free Library: con un altro americano, Rick Brooks, ha creato la prima rete che cataloga e associa tutte le librerie di questo tipo e che si sono diffuse in tutto il mondo.
A Berlino, per esempio, le Little Free Libraries sono state ricavate nei tronchi degli alberi morti, mentre un po’ dappertutto si stanno convertendo a questo scopo le vecchie cabine telefoniche.
Per istituire una di queste piccole librerie basta scegliere il posto, costruire o acquistare la casetta per i libri, chiedere autorizzazione al Comune per posizionarla, riempirla di volumi e poi registrarla sul sito americano (littlefreelibrary.org) in modo che venga geolocalizzata. In Italia il primo esempio risale al 2012, quando l’insegnante Giovanna Iorio ha installato la casetta nel parco dell’Inviolatella Borghese, a Roma. Oggi in Italia se ne contano ormai centinaia.
Il fatto molto bello e importante è che alla base di tutti questi particolari “traffici letterari” c’è un’emozione (quella regalata da un libro) e la voglia di metterla in circolazione e quindi condividerla scambiando fisicamente e liberando quel libro, invece di tenerlo riposto in uno scaffale. E l’emozione, si sa, è un qualcosa che riesce a mettere in contatto le persone anche senza che queste si vedano, quindi questi scambi sono in realtà molto più di quello che sembrano. In ogni caso sarà bello anche solo provare a immaginare il viaggio del libro che abbiamo liberato e le persone che potrebbero trovarlo: una sorta di narrazione immaginaria della vita di un libro.
Con il Bookcrossing quindi, la parola “condividere” non sarà solo un’opportunità (ormai un po’ svuotata del suo vero significato) offerta da facebook, ma un reale scambio di emozioni. E forse, per le strade, potrebbe rivelarsi più interessante cercare il libro che “ci aspetta” invece di dare la caccia a un pupazzetto virtuale (e non me ne vogliano i Pokemon!).Irene Marchi (Articolo originale già apparso qui https://caffebook.it/2016/09/14/bookcrossing-liberare-e-condividere-i-libri/)