Questa sbarra ci è familiare?
Assomiglia a quei divieti che la vita sembra averci imposto? Forse, provando e ancora provando, c’è modo di andare oltre.
Se (Lettera al figlio)
Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te
L’hanno persa e danno la colpa a te,
Se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
Ma prendi in considerazione anche i loro dubbi.
Se sai aspettare senza stancarti dell’attesa,
O essendo calunniato, non ricambiare con calunnie,
O essendo odiato, non dare spazio all’odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio;
Se puoi sognare, senza fare dei sogni i tuoi padroni;
Se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo scopo,
Se sai incontrarti con il Successo e la Sconfitta
E trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui,
O guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.
Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio di una monetina,
E perdere, e ricominciare daccapo
Senza mai fiatare una parola sulla tua perdita.
Se sai costringere il tuo cuore, nervi, e polsi
A sorreggerti anche quando sono esausti,
E così resistere quando in te non c’è più nulla
Tranne la Volontà che dice loro: “Resistete!”
Se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù,
O passeggiare con i Re, senza perdere il contatto con la gente comune,
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi,
Se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo.
Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore a ognuno dei sessanta secondi,
Tua è la Terra e tutto ciò che contiene,
E — cosa più importante — sarai un Uomo, figlio mio.
Rudyard Kipling, 1910, nel capitolo Brother Square Toes, in Ricompense e fate.
Conosco delle barche
Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.
Conosco delle barche talmente incatenate
che hanno disimparato come liberarsi.
Conosco delle barche che restano ad ondeggiare
per essere veramente sicure di non capovolgersi.
Conosco delle barche che vanno in gruppo
ad affrontare il vento forte al di là della paura.
Conosco delle barche che si graffiano un po’
sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.
Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.
Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.
Conosco delle barche straboccanti di sole
perché hanno condiviso anni meravigliosi.
Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.
Jaques Brel, testo e traduzione dal web.