Origami: creatività e precisione (e un augurio di speranza)
Se volessimo stupire una persona che ci
sta a cuore con qualcosa di speciale (e, per una volta, senza l’ausilio
del poco romantico smartphone) potremmo scrivere un pensiero d’amore o
anche semplicemente la data per un appuntamento su un pezzo di carta
quadrato, ripiegarlo più volte seguendo le regole dell’origami, per trasformarlo ad esempio in un fiore o in una colomba, e quindi farne dono a questa nostra persona da stupire. Potrebbe succedere (e ve lo auguro) proprio come si legge in un libro, scritto attorno all’anno 1000 d.C. dal titolo La storia del principe Genji, che in Giappone ha lo stesso valore della Divina Commedia o de I Promessi Sposi per gli italiani, e dove si parla per la prima volta proprio dell’origami:
“La risposta di Nyosan scritta su carta sottile di color rosso
carminio, piegata in maniera così ricca di significato e piena di
grazia, faceva battere più forte il cuore di Genji (…)”.
L’origami è
dunque l’arte giapponese di piegare la carta (anche se l’invenzione
della carta avvenne in Cina, l’origine di quest’arte risale al periodo
Heidan del Giappone, 714-1185 d.C.): il termine deriva dall’unione di oru, che vuol dire piegare, con kami, che significa carta. Però la parola kami, con un ideogramma diverso ma con la stessa pronuncia, vuol dire anche spiriti, divinità e questa sovrapposizione di significato sembrerebbe legare l’arte degli origami alla spiritualità e alla ricerca del divino, dando così a questa tecnica una certa valenza sacrale.
L’origami quindi può essere considerato come la trasformazione
di una cosa materiale (la carta e in origine la carta di riso, dunque
un prodotto della terra) in qualcosa di diverso, di superiore. Perciò,
dietro quest’arte apparentemente “leggera” e divertente, sarebbe
possibile riconoscere i principi shintoisti del ciclo vitale e
dell’accettazione della morte come parte di un tutto: nulla si distrugge
o va perduto, ma tutto può rinascere eternamente. Alcune fonti invece
riconducono l’origine di questa tecnica all’astuccio di carta che
conteneva il noshi, una porzione di molluschi essiccati, che
veniva regalato ai samurai come simbolo dell’immortalità (del resto
l’abitudine di ripiegare la carta veniva in origine applicata anche
all’uso civile: alla Corte Imperiale era considerato indice di buon
gusto saper modellare in varie forme le comunicazioni ufficiali).
I primi modelli di origami (una farfalla maschio e una farfalla femmina stilizzati) venivano applicati al collo delle bottiglie di saké
durante le cerimonie nuziali (usanza ancora viva). Ed è tuttora in uso
anche la tradizione di legare all’esterno dei templi alcune strisce di
carta piegate a zig-zag (go-hei) contenenti preghiere, affinché il vento, muovendole, porti le richieste più vicino alle orecchie degli dei.
La tecnica moderna dell’origami
utilizza pochi tipi di piegature, combinate in una infinita varietà di
modi per creare forme anche molto complicate. In genere si parte da un
foglio quadrato che viene piegato senza fare tagli alla carta (l’origami
tradizionale era invece molto meno rigido nelle regole e faceva
frequente uso di tagli, prevedendo tra l’altro anche fogli di partenza
non necessariamente quadrati).
L’unico materiale che serve per la realizzazione di un origami è
quindi la carta: per quelli più semplici può essere utilizzato
qualsiasi tipo, anche quella da fotocopie, ma se ne possono
utilizzare tantissimi altri, dalla carta velina alla carta di riso,
fino a quella fatta in casa con materiali di recupero.
In Occidente l’arte del piegare la carta
si diffonde tra il XVI e il XVII secolo, soprattutto in Spagna (tramite
gli arabi): il primo modello europeo è la pajarita, un passero
che muove le ali quando gli viene tirata la coda. Il poeta Garcia Lorca
(1898-1936) ha dedicato proprio a questa figura una poesia intitolata Uccellino di carta
(Pajarita de papel, 1920). Ma la tecnica era stata bene accolta anche
in altri paesi europei: il pedagogo tedesco Friederich Fröbel
(1782-1852) per esempio, intuì le enormi potenzialità dell’origami
in campo educativo per sviluppare la creatività dei bambini fin
dall’età dell’asilo, e per insegnare varie regole di geometria
elementare. L’ esperienza di Fröbel venne poi riproposta proprio in
Giappone, dove fu riconosciuta e applicata su larga scala
nell’educazione dei bambini. Un’altra esperienza molto importante, che
in qualche modo “modernizzò” l’origami, fu portata avanti dalla
scuola d’arte del Bauhaus (in Germania), dove questa disciplina fu
insegnata per almeno una decina d’anni dal 1920 al 1930.
Con il tempo poi, le applicazioni dell’origami nella vita
quotidiana sono diventate sempre più frequenti: gli airbag delle
automobili, per esempio, derivano da un’applicazione origami (piegare nel minimo spazio una data superficie in modo che si espanda con il minimo sforzo e alla massima velocità).
Venendo alle figure che si possono realizzare, due degli origami tradizionali giapponesi più noti, sono sicuramente quello della rana, per il doppio significato del termine: in giapponese rana si pronuncia kaeru ma questo termine significa anche ritorno a casa (rappresenta
quindi un augurio per coloro che stanno per intraprendere un viaggio), e
quello della gru, simbolo di immortalità. Tra le varie leggende legate a
questa figura vi è anche quella secondo la quale chiunque riesca a
piegare mille origami raffiguranti la gru, potrà esprimere un
desiderio che gli dei esaudiranno. Una statua nel Parco della Pace di
Hiroshima ricorda proprio questa tradizione: la statua (che ogni anno
viene decorata con migliaia di corone formate da mille gru) è dedicata
alla piccola Sadako Sasaki, ritratta con le braccia aperte protese verso
il cielo mentre una gru spicca il volo dalle sue mani. Sadako aveva
undici anni quando si ammalò di leucemia a causa delle radiazioni della
bomba atomica di Hiroshima. Da allora iniziò a piegare le gru con la
speranza di arrivare a mille per poi vedere esaudito il suo desiderio
più grande, ovvero che nessuno soffrisse più a causa delle guerre.
Purtroppo Sadako morì il 25 ottobre 1955, all’età di dodici anni, dopo
avere piegato 644 gru. Il suo corpo verrà sepolto assieme ai suoi origami
e a quelli realizzati dai suoi amici, e il suo nome diventerà il
simbolo di una struggente e disperata ricerca della pace. Ai piedi della
statua di Sadako è scritto così: “Questo è il tuo pianto. La nostra preghiera. Pace nel mondo”.
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Statua nel Parco della Pace di Hiroshima dedicata alla piccola Sadako-Sasaki.
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E proprio come messaggio di speranza, oggi gli origami
vengono utilizzati anche da un’artista francese, Mademoiselle Maurice,
che ha iniziato nel 2011 in Giappone a costruire con le forme di carta
colorata delle enormi installazioni sui palazzi, per portare una nota di
colore all’interno delle città.
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foto da Mademoiselle-Maurice-www.marketingcreativo.it
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L’origami quindi è un’attività
creativa e con un forte potenziale educativo, sa regalare figure leggere
e divertenti ma anche cariche di messaggi profondi e universali.
P.S. Una gru l’ho piegata anch’io, ma in
nome di questa pace che sembra essere ormai perduta continuerei
volentieri fino a mille… ci proviamo?
I.M. (articolo già apparsoin https://caffebook.it/2017/05/15/origami-creativita-precisione-e-un-augurio-di-speranza/)
Credits per
le foto: installazione colorata in città – da
www.marketingcreativo.it/mademoiselle-maurice-tra-origami-e-street-art/;statua
di Sadako Sasaki a Hiroshima – da
www.marketingcreativo.it/mademoiselle-maurice-tra-origami-e-street-art;
origami: foto di Irene Marchi