Poesia che ha bisogno di un gesto
Ho posato una ciotola di sassi
tra me e voi, sul pavimento.
L’ho fatto perché vorrei parlarne
ma non mi fido delle mie parole.
Mi piacerebbe che riuscissimo a parlare
esattamente della stessa cosa
senza che nessuno debba far finta di aver capito
e senza che nessuno si senta incompreso:
io, nella fattispecie.
Vorrei parlare di questi sassi, ma non della loro forma o del loro colore, e nemmeno della loro sostanza o del loro peso.
Vorrei parlare di questi sassi, ma prima vorrei essere sicuro di non essere frainteso.
Per esempio, nemmeno del mio gesto mi posso fidare: forse è sembrato un
gesto teatrale, magari fatto male, senza stile, ma pur sempre con dentro
qualcosa di simbolico. Invece io non voglio questo. Io vorrei che tutta
l’attenzione si concentrasse proprio sui sassi che stanno lì
e al tempo stesso che questa fosse più simile a una poesia che a un monologo.
E un’altra cosa non vorrei: che questa dei sassi fosse considerata una
‘trovata’; perché sarebbe vero solo in parte: io sono veramente
preoccupato che noi veramente non parliamo la stessa lingua, ed è così
che ho scritto una poesia dimostrativa. Ma io sono preoccupato
soprattutto in questo momento, ed è un momento, un attimo, in cui non
voglio dimostrare niente, voglio solo andarmene contento, nella
sicurezza di aver parlato con qualcuno, e che qualcosa sia successo. Non
mi interessa se ciò che sto facendo sia vecchio o nuovo, bello o
brutto, ma mi dispiacerebbe se fosse inteso come falso, e sto
rischiando. Di solito scrivo delle cose che mi sono abituato a chiamare
poesie, ma se questa cosa di questo momento non dovesse funzionare, non
dovesse essere compresa, tutto ciò che ho scritto e che scriverò non
avrebbe scopo.
Allora, vorrei che ci si concentrasse su
quei sassi. Non perché siano importanti di per sé, e non perché siano un
simbolo di qualcosa, ma proprio perché sono una cosa come un’altra:
sassi.
Hanno però delle qualità: sono visibili e toccabili, sono tanti e sono separati.
Noi dobbiamo stare con i sassi.
Sono una cosa del mondo.
E dobbiamo cercare di capirli.
È per questo che ho scritto una poesia che ha bisogno di un gesto e di un pensiero.
Adesso io starei qualche secondo in silenzio, pensando ai sassi.
Stefano Dal Bianco (Padova, 1961), da Ritorno a Planaval , Mondadori, 2001
°ascoltando Les Trois Lézards - Les Hommes Poétiques - https://www.youtube.com/watch?v=-yrorBt59Lk