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27 dicembre 2020

Comunque



Street art by Tvboy (Salvatore Benintende), “Hipster Venus in Florence“, Firenze



“Comunque” è un avverbio che sa consolare (a prima lettura, almeno): ci parla di qualcosa che era (comunque) inevitabile, ci toglie un po’ di responsabilità (solo un po’). Vabbè, a pensarci bene  non consola poi così tanto, però è una parola simpatica. O no?

***

 

 

Tanto ti avrei comunque incontrata forse al metrò
forse nell’androne di un palazzo forse t’avrei soltanto definita

per approssimazione e deliri
e sogni leggeri come l’andamento svagato e lento di una piuma

tanto t’avrei sicuramente perduta prima o poi
per colpa tua o mia
o anche del vento di settembre che asciuga grappoli e desideri

tanto t’avrei ripresa
prima o poi
un giorno o l’altro
con il sapore che c’è nelle cose
nel cuore che pulsa, per esempio,
e negli occhi che incontrano gli occhi t’avrei ripresa, lo giuro,

in uno sbadiglio
per un battito di ciglia

Emilio Piccolo (Acerra, 1951 -2012), fonte:  Vico Acitillo 124 – Poetry Wave http://www.vicoacitillo.it/emilio/Fiori.html

°ascoltando Avishai Cohen – Seven Seas https://www.youtube.com/watch?v=Iu01NR-FUIw




10 marzo 2020

Per provare a sorridere un po’ (comunque)

 


Ecco… dato il (difficile) momento di distanze necessarie e obbligatorie (purtroppo), il problema che questa poesia pone… è già risolto.
(Speriamo per tutti che questa situazione migliori al più presto. Un abbraccio virtuale a chi passa di qui; #restiamoacasa e soprattutto #restiamoumani)

***

Se un giorno

Se un giorno ci venisse in mente di incontrarci
(cosa di cui in fondo dubito)
allora per amor di Dio scegliamo un luogo
in cui nessuno di noi  è mai stato prima.
Una qualche isola in disparte nell’Egeo
o una spiaggia nei pressi di Alessandria.
Un posto dove i giardini notturni non ci portino
subito a vedere noi stessi
come fantasmi, dove la gente scorgendoci
non finisca subito per pensare
a chi è morto dopo il nostro ultimo incontro
e dove non compariamo nelle loro storie.
Potremmo passare la notte insieme
a bere, a parlare di nulla
e magari remare sul mare al chiaro di luna
e se non ci venisse in mente di annegarci
potremmo separarci prima dell’alba
felici, prima di essere tornati sobri.
– Se dunque esiste un posto così
(cosa di cui come ho detto dubito)
un posto in cui persino certi tardi sprazzi di sole
e i profumi di certi alberi notturni
di tanto in tanto non ci ricordino che abbiamo provato
tutto questo tante volte prima, senza successo.
Oppure lasciamo perdere l’idea di incontrarci.

Henrik Nordbrandt (Danimarca, 1945), da Il nostro amore è come Bisanzio, traduzione di Bruno Berni, Donzelli editore

°ascoltando Duane Allman & Eric Clapton – Studio Jams


27 marzo 2019

Le scatole…

 



L’altra metà

Nella moltitudine di contenitori
che popolano il mondo invidiamo
quelle mezze scatole avvitabili
che per un incontro fortuito
hanno riconosciuto nel coperchio
l’altra metà mancante.
Evento mitico ricorrente nei sogni
che non ha mai luogo in vita
né per oggetti gli umani,
risultando sempre vane le ricerche
intraprese, senza contare le spese.

Valentino Zeichen, da Le poesie più belle, Fazi Editore

°ascoltando Fabi Silvestri Gazzè – L’amore non esiste https://www.youtube.com/watch?v=-umMDLbqtWs


30 marzo 2016

Incontri

 


Ci sono incontri che ci aspettano da sempre: con un’idea, con una persona, con un luogo, con una passione. Incontri che si fanno attendere e  l’attesa, in qualche modo, ci sfianca.

Poi ci sono gli incontri che non ci accorgiamo di avere già fatto e ancora ci guardiamo attorno cercando qualcosa che già era con noi da molto tempo.

Se stai attendendo uno di questi incontri, qualunque esso sia, ti auguro di riconoscerlo, quando avverrà.

Incontro

Queste dure colline che han fatto il mio corpo
e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio
di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.

L’ho incontrata, una sera: una macchia più chiara
sotto le stelle ambigue, nella foschia d’estate.
Era intorno il sentore di queste colline
più profondo dell’ombra, e d’un tratto suonò
come uscisse da queste colline, una voce più netta
e aspra insieme, una voce di tempi perduti.

Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi
definita, immutabile, come un ricordo.
Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà
ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.
Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane:
mi sorprende, e pensarla, un ricordo remoto
dell’infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino, mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti.
E ha negli occhi un proposito fermo: la luce più netta
che abbia avuto mai l’alba su queste colline.

L’ho creata dal fondo di tutte le cose
che mi sono più care, e non riesco a comprenderla

Cesare Pavese,  da Lavorare stanca (1936).

***

Dall’ondeggiante oceano, la folla

Dall’ondeggiante oceano, la folla, venne teneramente a
me una goccia,
mormorando Io ti amo, tra non molto morirò
ho fatto un lungo viaggio solo per guardarti, toccarti,
perché non potevo morire sinché non ti avessi guardato,
perché temevo di poterti poi perdere.

Ora ci siamo incontrati, ci siamo guardati, siamo salvi,
ritorna in pace all’oceano mio amore,
anch’io sono parte di quell’oceano amore, non siamo così
separati,
considera il grande globo, la coesione di tutto, quando è
perfetta!
Ma per me, per te, il mare irresistibile deve separarci,
e se per un’ora ci tiene lontani, non può tenerci lontani
per sempre;
non essere impaziente – un istante – sappi che io saluto
l’aria, l’oceano e la terra,
ogni giorno al tramonto per amor tuo, amore.

Walt Withman, da Children of Adam, in Foglie d’erba, traduzione di Giuseppe Conte.

***

Nessuno potrà
vedermi né chiedermi
qualcosa – In sogno
verrò da te stanotte,
non chiudere la porta del sogno.

Kakinomoto No Hitomaro, (660 ca. – 708 ca.).

 

°ascoltando Marillion – This Train is My Life.

 

Ipotesi di percorso

  (Perdersi tra l'argento degli ulivi mi sembra un bellissimo programma) ***   Dobbiamo cercare sepolture nel volo delle rondini i...