«Non esiste alcun modo di stabilire quale
decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone.
Lʼuomo vive ogni cosa subito per la prima volta, senza preparazioni».
Così scrive Milan Kundera in una pagina de Lʼinsostenibile leggerezza dellʼessere.
Però tutti, o quasi, almeno una volta nella vita abbiamo provato la sofferenza legata al rimpianto per una scelta fatta (del resto solo il superuomo
di Nietzsche non ha proprio mai rimpianti per il passato – né timori o
speranze per il futuro – accettando ogni istante dellʼesistenza): la
convinzione o il dubbio fortissimo di aver fatto la scelta sbagliata può
diventare assillante fino a occupare costantemente un posto nei nostri
pensieri, rovinando anche i momenti più belli.
Nel libro Imperfetti e felici (Imperfaits, libres et heureux,
2006, nella traduzione di Anna Morpurgo, ed. Corbaccio) lo psichiatra
francese Christophe André afferma che il rimpianto è ancora più
frequente in presenza di problemi di autostima, tanto che alcune persone
con una bassa autostima preferiscono non scegliere per non correre il
rischio di pentirsene. Ma quello che crea maggiori rimpianti è lʼaver
fatto una determinata cosa o il non averla fatta?
Poiché, spiega André, il tempo che passa
fa evolvere i nostri rimpianti, nellʼimmediato tendiamo a rimpiangere
soprattutto le cose che abbiamo fatto (rimpianti di azione, ovviamente
quando quellʼazione non è andata a buon fine), mentre sul lungo termine,
e intervenendo un certo distacco, tendiamo a rimpiangere le cose che
non abbiamo fatto (rimpianti di inazione). Sul piano emozionale, i
primi, in cui rimpiangiamo una realtà, sono definiti “caldi rimpiantiˮ
mentre i secondi, in cui rimpiangiamo una virtualità,vengono definiti
“rimpianti melanconiciˮ.
Le ricerche hanno poi riscontrato che i soggetti con una buona autostima
producono delle lievi distorsioni della memoria, sentendosi così più
vicini ai loro successi e più lontani dai fallimenti, mentre per i
soggetti con una bassa autostima accade esattamente lʼinverso. In ogni
caso, continua André, tutti, con o senza unʼautostima elevata, per
lottare contro i rimpianti eccessivi dovremmo liberarci dal mito della
“scelta giustaˮ. Questa semplicemente non esiste in quanto solo noi
abbiamo il potere di rendere le nostre scelte giuste o sbagliate:
«Dovremmo evitare di vedere la nostra vita come un susseguirsi di
momenti decisivi e definitivi» (cfr. pag. 338 del testo sopra citato).
La cosa migliore, per liberarsi almeno dalla paura dei rimpianti
anticipati legati a una scelta, non è quindi rinunciare ad agire, ma
aumentare la propria capacità di tollerare il fallimento. E soprattutto
imparare a ricavarne un insegnamento.
Inoltre, come consiglia spesso ai suoi
studenti la professoressa Catherine Drew Gilpin Faust (la prima donna a
ricoprire la carica di Rettore dellʼUniversità di Harvard), non
dovremmo accontentarci sempre del “primo parcheggio liberoˮ facendo
cioè solo le scelte più semplici, ma tentare anche scelte più ardite (la
teoria “del parcheggio liberoˮ, the parking space theory of life afferma
infatti, metaforicamente, che non bisognerebbe parcheggiare a un
chilometro di distanza dalla propria destinazione solo perché si teme di
non riuscire a trovare un altro posto libero: meglio arrivare più
vicini alla propria destinazione e se proprio non si riuscisse a trovare
“parcheggioˮ, si tornerà indietro). È necessario perciò imparare ad
accettare, se non ad amare, le scelte più o meno coraggiose già fatte e
affrontare quelle future con questa consapevolezza, senza attendere che
siano gli eventi esterni a decidere per noi.
Ma come la mettiamo con i rimpianti che
già ci fanno compagnia? Come possiamo renderli meno dolorosi e
convincerci che quella sensazione che spesso torna a perseguitarci in
fondo ci può essere utile e ci sta insegnando qualcosa? In realtà
faremmo volentieri a meno anche dellʼinsegnamento oltre che della
sensazione dolorosa. Però eliminare del tutto e in poco tempo i
rimpianti è quasi impossibile, possiamo solo mitigarli con qualche
strategia.
Nellʼattesa di metabolizzare la lezione
e di sentirci meno schiacciati da questa fastidiosa compagnia, potremmo
provare a credere a queste parole di Arthur Golden tratte da Memorie di una geisha:
«Il rimpianto è un tipo di dolore molto particolare; di fronte a esso
siamo impotenti. È come una finestra che si apra di sua iniziativa: la
stanza diventa gelida e noi non possiamo fare altro che rabbrividire. Ma
ogni volta si apre sempre un po’ meno, finché non arriva il giorno in
cui ci chiediamo che fine abbia fatto».
Un amico saggio, quindi, vedendoci in
difficoltà, ci direbbe di attendere con pazienza il giorno in cui il
rimpianto sembrerà svanire e nel frattempo continuare a fare le nostre
scelte senza troppa paura. Saremo capaci di ascoltarlo? (Irene Marchi –
testo già apparso in http://caffebook.it/societa-2/item/398-la-scelta-giusta-non-esiste-esistono-le-scelte.html)