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5 febbraio 2020

Non mangiarti le parole

 


Tutti ottimi consigli…

Dieta linguistica

Usa ogni giorno verbi di movimento.
Evita i pronomi riflessivi.
Non parlare tra virgolette.
Evita il perché, il però ed il cioè.
Taci con maggior frequenza.
Non pronunciare parole che non sanno di niente.
Non parlare di diete durante i pasti.
Non parlare allo specchio e se lo fai
non aspettarti che lo specchio ti risponda.
Non aprire mai una parentesi che non puoi chiudere.
Ringrazia a digiuno.
Sospira in sospensivo.
E metti quel che hai scritto in ginocchio.

°°°

Dieta lingüística

Use cada día verbos de movimiento.
Evite los pronombres reflexivos.
No hable entre comillas.
Evite el porque, el pero y el o sea.
Calle con más frecuencia.
No pronuncie palabras que no sepan a nada.
No hable de dietas durante las comidas.
No le hable al espejo y si lo hace
no espere que el espejo le responda.
No abra nunca paréntesis que no pueda cerrar.
Dé gracias en ayunas.
Suspire suspensivo.
Y ponga lo que ha escrito de rodillas.

Juan Vicente Piqueras, da Vigilia di restare, traduzione di Raffaella Marzano, Multimedia ed., 2017

°ascoltando Neil Young – Words (Between the Lines of Age) https://www.youtube.com/watch?v=XwbkKBqE2Yw

 

22 dicembre 2019

La conclusione scrivetela voi

 


La poesia qui sotto termina con alcune parole che ho volutamente omesso: lascio che ognuno metta le parole che vorrebbe dire a qualcun altro o anche semplicemente a sé stesso (perché le parole pronunciate sono un po’ più incisive del semplice pensiero – anzi, a volte sarebbe bene scriverle, certe parole, e attaccarle al frigorifero per rileggersele spesso). Saranno parole diverse a seconda delle situazioni, ma qualcosa da dire ci sarà di sicuro.

***

Come se fosse un libro

Se fosse davvero così semplice
attrezzarsi il mondo come se fosse un terrazzo
con piante e fiori da spostare da un angolo all’altro
tanto per fare qualcosa
perché è domenica e si deve, comunque, vivere
perché meglio tutto che le intermittenze crudeli del cuore
che ci lasciano senza difesa a chiederci dove andiamo
e se ne valga dopotutto la pena
attrezzarsi il mondo come se fosse un terrazzo
dove anche le cose lasciate in disordine
hanno l’ordine che vogliamo per loro
così docili così refrattarie a movimenti e oscillazioni
che viene voglia di prenderle ad esempio
come se prima o poi un temporale
un vento improvviso venuto su dal
lieve cedimento del pavimento non ci ricordasse
proprio quando meno ce l’aspettiamo
che la domenica e il lunedì e tutti gli altri giorni della settimana
sono l’unica cosa che abbiamo
la nostra parte d’eternità
e la spendiamo così
senza nemmeno confessarci
che a restituircela
è proprio un temporale che vorremmo
o un vento venuto su dal mare
che ci rendesse innocenti
creature senza domenica e lunedì
che attraversano il tempo
con la dolcezza e la gioia
di chi di nulla ha colpa e senso e dolore
se non d’aver fatto delle settimane
e dei mesi e degli anni
il deposito dei propri sogni
se fosse davvero così semplice
attrezzarsi il mondo come se fosse un libro
con le parole il ritmo e lo stile
appreso nelle notti
passate a credere che per essere felici
fosse sufficiente essere poeti
e che la felicità fosse un nostro diritto
e nostro diritto e dovere cercarla
dovunque e comunque
e qualunque fosse il prezzo di dolore
con cui mettersi alla prova
come se ne fossimo sempre più forti
come se soffrendo
potessimo garantirci
che ad attenderci da sempre
ci sia davvero qualcuno
magari un cane
con cui essere fragili insieme
e insieme vivere e insieme morire
per dolori che s’assomigliano
per sogni terribili e crudeli
che ti fanno pulsare la vita tra le mani
come il muscolo di un animale scannato
per domeniche che si devono, comunque, vivere
se fosse davvero così semplice amarsi
non avrei più bisogno delle parole
per dirti (…)

Emilio Piccolo (Acerra, 1951-2012), da Beatrice – My Heart Is Full Of Troubles, Dedalus, 1999

°ascoltando Tangerine Dream – Alchemy of the heart https://www.youtube.com/watch?v=NBeiRu6CquA


23 luglio 2019

Alcune cose da imparare (fuori tema)

 

(…) Non voglio imparare a non aver paura, voglio imparare a tremare. Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce. Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io. Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere. Non voglio essere buona, voglio essere sveglia. Non voglio fare male, voglio dire: mi stai facendo male, smettila. Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio. Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera. Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me. Non voglio insegnare, voglio accompagnare. Non è che voglio così, è che non posso fare altro (…).

Chandra Livia Candiani, da Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione, Torino, Einaudi 2018, p. 75

*ascoltando Alanis Morissette – You Learn https://www.youtube.com/watch?v=GFW-WfuX2Dk



1 luglio 2019

Tra il dire e il fare

 

… c’è (anche) una poesia?

***

Dire: fare

I.

Tra ciò che vedo e dico,
tra ciò che dico e taccio,
tra ciò che taccio e sogno,
tra ciò che sogno e scordo,
la poesia.
Scivola
tra il sì e il no:
dice
ciò che taccio,
tace
ciò che dico,
sogna
ciò che scordo.
Non è un dire:
è un fare.
È un fare
che è un dire.
La poesia
si dice e si ode:
è reale.
E appena dico
è reale,
si dissipa.
È più reale, così?

II.

Idea palpabile,
parola
impalpabile:
la poesia
va e viene
tra ciò che è
e ciò che non è.
Tesse riflessi
e li stesse.
La poesia
semina occhi nella pagina,
semina parole negli occhi.
Gli occhi parlano,
le parole guardano,
gli sguardi pensano.
Udire
i pensieri,
vedere ciò che diciamo,
toccare
il corpo dell’idea.
Gli occhi
si chiudono,
le parole si aprono.

*
Decir, hacer

I.

Entre lo que veo y digo,
Entre lo que digo y callo,
Entre lo que callo y sueño,
Entre lo que sueño y olvido
La poesía.
Se desliza entre el sí y el no:
dice
lo que callo,
calla
lo que digo,
sueña
lo que olvido.
No es un decir:
es un hacer.
Es un hacer
que es un decir.
La poesía
se dice y se oye:
es real.
Y apenas digo
es real,
se disipa.
¿Así es más real?

II.

Idea palpable,
palabra
impalpable:
la poesía
va y viene
entre lo que es
y lo que no es.
Teje reflejos
y los desteje.
La poesía
siembra ojos en las páginas
siembra palabras en los ojos.
Los ojos hablan
las palabras miran,
las miradas piensan.
Oír
los pensamientos,
ver
lo que decimos
tocar
el cuerpo
de la idea.
Los ojos
se cierran
Las palabras se abren.

 
Octavio Paz (Messico, 1914-1998), da Árbol  adentro, 1987

°ascoltando Pink Floyd – Things Left Unsaid -  https://www.youtube.com/watch?v=0knKQEjRifA


15 settembre 2018

Illuminiamoci più spesso

 


Anche se c’è sempre la guerra (fuori e dentro di noi), vale la pena provarci:

Illuminiamoci più spesso

Illuminiamoci più spesso,
bevendo un caffè
parlando di te e di me
parlando anche col gatto.
Illuminiamoci lo stesso
anche se fa troppo freddo
anche se cʼè sempre la guerra.
Illuminiamoci per dispetto
alla faccia del dolore
facendo il verso al buio.
 
Forza, illuminiamoci vivendo.
 
Irene Marchi, da La parte in ombra, Edizioni Ensemble, 2018

°ascoltando Listen to the Music – Playing For Change – Song Around The World https://www.youtube.com/watch?v=t4sK8d48Exs


15 aprile 2018

Per mettere un titolo

 

“Di’ qualcosa!”  l’incitazione ricorrente per tentare di definire l’indefinito.

***

La pietra perifrastica

Parla
Di’ qualcosa, una qualsiasi.
Soltanto non stare come un’assenza d’acciaio
Scegli una parola almeno,
che possa legarti più forte con l’indefinito.
Di’ “ingiustamente” “albero” “nudo”
Di’ “vedremo”
“imponderabile”,
“peso”.
Esistono così tante parole che sognano una veloce, libera, vita con la tua voce

Parla
Abbiamo così tanto mare davanti a noi
Dove noi finiamo inizia il mare
Di’ qualcosa
Di’ “onda”, che non sta, arretra
Di’ “barca”, che affonda se troppo la riempi con periodi
Di’ “attimo”,
che urla aiuto affogo,
non lo salvare,
Di’, “non ho sentito”

Parla
Le parole hanno inimicizie,
hanno antagonismi
se una ti imprigiona,
l’altra ti libera.
Tira a sorte una parola dalla notte.
La notte intera a sorte
Non dire “intera”,
Di’ “minima”,
che ti permette di fuggire.
Minima
sensazione,
tristezza
intera
di mia proprietà
Intera notte

Parla
Di’ “astro”, che si spegne
Non diminuisce il silenzio con una parola…
Di’ “pietra”,
che è parola irriducibile
Così, almeno
che io possa mettere un titolo
a questa passeggiata lungomare.

Kikí Dimulà (Atene, 1931-2020), da Il poco del mondo, 1971, in Antologia della poesia greca contemporanea (Crocetti Editore, 2005)

°ascoltando Cat Stevens – Kypros https://www.youtube.com/watch?v=CXpfzaxgUnY


Chi mente?

     Capita che a volte non si capisca chi manipoli di più la realtà:  la memoria che parla a noi   o noi che vogliamo credere a lei?  ***  ...