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31 gennaio 2024

Tornare indietro

 

anibmab eranrot ierrov 

orteidni eranrot ierrov

(provo a scrivere al contrario per vedere se mi ritrovo bambina)

 

Ieri

Un segno di matita
che dice la mia altezza sopra il muro:
passarci su la mano,
andare verso terra con due dita.
Così, rimpicciolire,
scordarmi delle cose che già so
per impararle meglio, o forse no.
Tornare un poco indietro, un poco giù,
ed essere di nuovo una persona
che già non sono più.

Iraria Rigoli, da A rifare il mondo, Bompiani, 2022, illustrato da Ilaria Faccioli

°ascoltando Tangerine Dream – Dolphin Dance https://www.youtube.com/watch?v=1Nw1CNZ1Vtg&t=4s


2 gennaio 2021

“… a un palmo da terra”

 

Non sarebbe bellissimo tornare a essere “corolle aperte a un palmo da terra“?

***

se, da adulti, riappare
la bianca terra iniziale
che avevamo negli occhi da bambini,

siamo tornati quelli che eravamo
bassi, vicini al senso delle cose,
corolle aperte
a un palmo da terra

9 ottobre 2017

Mariagrazia Calandrone, da http://www.mariagraziacalandrone.it

 

°ascoltando Bert Jansch – Kingfisher https://www.youtube.com/watch?v=KzoYuiwlFQA


27 febbraio 2018

Bambina

 

E tu, che cosa vorresti essere?

***

Io vorrei essere bambina
per accoppiare le nubi a distanza
(alte claudicanti della forma),

 
per giungere all’allegria delle piccole cose
e domandare,
come chi non lo conosce,
il colore delle foglie.
Com’era?

 
Per ignorare ciò che è verde,
il verde mare,
la risposta salubre del tramonto in ritirata,
il timido gocciolare degli astri
sul muro del vicino.

 
Essere la bambina
che cadeva d’improvviso
dentro un treno con angeli,
che arrivavano così, in vacanza,
a correre brevemente tra le uve,
o attraverso notturni
fuggiti da altre notti
di geometrie più alte.

 
Però adesso, che cosa devo essere?
Se mi sono nati questi occhi così grandi
e questi chiari desideri di sbieco.

 
Come potrò essere ora
quella che voglio io
bambina di verdi,
bambina vinta di contemplazioni
che cade da se stessa rosea

 
… se mi dolse moltissimo dire
per raggiungere nuovamente la parola
che fuggiva,
saetta scappata dalla mia carne,

 
e mi ha addolorato molto amare a tratti,
impenitente e sola
e parlare di cose incompiute,
tinte cose di bimbi,
di candore dissimulato,
o di semplici api
aggiogate a tristi rosari.

 
O essere colma di questi scatti
che mi cambiano il mondo a grande distanza.

 
Come potrò essere ora,
bambina in tumulto,
forma mutevole e pura,
o semplicemente, bambina alla leggera,
divergente in colori
e adatta per l’addio
in ogni momento.

 
Eunice Odio (1919, San José, Costa Rica – 1974, Città del Messico), da Questo è il bosco e altre poesie, traduzione di T. Pieragnolo, 2009, Via del Vento

°ascoltando Jethro Tull – Greensleeves https://www.youtube.com/watch?v=nihsKqoC5yE


17 febbraio 2017

Aspettare la prima neve (con un vortice tra i capelli)

 


Non è mai troppo tardi per tornare un po’ bambini.

***

 

Elogio dell’infanzia

Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.
Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.
Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?
Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.
Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.
Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.
Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.
Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.
Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare.

Peter Handke (Austria, 1942 -Premio Nobel per la Letteratura 2019); con questa poesia comincia il film di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino, del 1987.

*ascoltando Van Morrison – Song of being a child
https://www.youtube.com/watch?v=b0praxBMGK4

 

 

10 gennaio 2017

Chi tira la tovaglia?

 

Tornare bambini e buttare tutto all’aria? Che sensazione liberatoria, anche solo a immaginarsela. Ma ora, ora che siamo “grandi”, riusciamo a vedere l’angolo della tovaglia che potremmo tirare? O della tavola apparecchiata notiamo solo la disposizione di piatti e posate…  e che sia tutto bene in ordine?

***

 

Una bimbetta tira la tovaglia

È da più d’un anno che si è al mondo,
e a questo mondo non tutto è stato studiato
e messo sotto controllo.

Ora sono sotto esame le cose
che non possono muoversi da sole.

Bisogna aiutarle a farlo,
spostare, spingere,
prenderle da dove sono e trasportarle.

Non tutte lo vogliono, ad esempio l’armadio,
la credenza, le inflessibili pareti, il tavolo.

Ma la tovaglia sul tavolo ostinato
– se afferrata bene per gli orli –
manifesta già la volontà di viaggiare.

E sulla tovaglia i bicchieri, i piattini,
la brocchetta con il latte, i cucchiaini, la scodella
addirittura tremano per la voglia.

È interessante,
quale movimento sceglieranno
quando ormai vacilleranno sul bordo:
un viaggio lungo il soffitto?
un volo intorno alla lampada?
un salto sul davanzale e di lì all’albero?

Il signor Newton non ha ancora nulla a che fare con questo.
Guardi pure dal cielo e agiti le braccia.

Questo esperimento deve essere fatto.
E lo sarà.

Wislawa Szymborska, in Attimo (2002), da Opere, traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi, 2008.

°ascoltando The Who – Smash The Mirror 


Una pianta ama sé stessa

  (Una pianta ama sé stessa finché vive; senza eccezioni) un solo compito   di questo mio corpo ho odiato tutto l’ho insultato app...