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31 marzo 2024

Vivendo

 




(Una mattina, da qualche parte)

***

Donne

Mattina di sobborgo
e l’autobus si avvicina alla fermata.
Fa freddo in strada, dolcemente,
quasi un risveglio in primavera,
di città che ancora
non ha trovato il caldo.
Dal mio posto vedo donne,
dagli occhi assonnati e l’abito senza lustro,
in cerca del loro orario di lavoro.

Salgono e lasciano allo scoperto,
nei vetri della pensilina,
un annuncio di corpi scelti
e di biancheria intima.
Le ragazze ci guardano negli occhi
dal mondo perfetto della loro fotografia,
senza orari, senza fretta,
oscene come un sogno abbronzato.

Io scendo alla prossima, sussurri.
Mi commuove il ricordo
della tua pelle bianca e triste
e l’umile fraternità della tua notte,
la mano che hai lasciato
dimenticata nella mia mano
venendo dalla doccia,
solo un attimo fa,
mentre rifiutavo di alzarmi.

Ti auguro una buona giornata,
che la fortuna ti cerchi
nella tua casa piccola e ordinata,
che la vita ci tratti degnamente.

Luis Garcia Montero, da Habitaciones separadas, Visor, Madrid, 1994, traduzione di Gabriele Morelli, tratta da “Poesia”, n. 21, settembre/ottobre 2023, Crocetti Editore

°ascoltando Ezio Bosso – Tango tristehttps://www.youtube.com/watch?v=LxXccKpCFYg


18 dicembre 2020

Ci siamo?



Ci siamo? O siamo solo temporanee illusioni?

***

 

Penso a come dire questa fragilità che è guardarti,
stare insieme a cose come bottoni o spille,
come le tue dita, i tuoi capelli lunghi marrone.
Ma d’aria siamo quasi, in tutte le stanze
dove ci fermiamo davanti a noi un momento
con la paura che ci ha assottigliati in un sorriso,
dopo la paura in ogni mano, o braccio, passo,
che ogni mano, o braccio, passo, non ci siano.

Mario Benedetti (Udine, 1955-2020), da Tutte le poesie, Garzanti, 2017

 

°ascoltando Jethro Tull – Elegy https://www.youtube.com/watch?v=-mH-ty_fQxk


11 ottobre 2020

“Occorre lavorare la vita”

 



S’impara a vivere e a mettere radici.
E conviene che piova sul bagnato,
calpestare la superficie dei fiumi
fino ad essere tranquilli,
fino all’acqua tiepida alla cintura,
con l’orologio ad ore più quiete,
dove sia il ricordo a chiamare il presente
e il futuro sia un minuto perfetto
ogni volta più nostro e più stretto,
perché il vento si calma con carezze
come i cavalli nei giorni di tempesta.
S’impara a vivere,
ad essere corpo ed anima negli occhi che guardano,
nella voce che domanda,
nelle dita che esplorano senza fretta
la pelle dei saluti.
Occorre lavorare la vita.
La collera del tempo si placa con le mani.

 

Luis García Montero (Granada, 1958), da Un inverno mio, traduzione di Gabriele Morelli


Chi mente?

     Capita che a volte non si capisca chi manipoli di più la realtà:  la memoria che parla a noi   o noi che vogliamo credere a lei?  ***  ...