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28 agosto 2024

Mai senza poesia



Anche se la poesia non si mangia, appunto (e di sicuro non dà da mangiare), io preferisco non restare mai senza poesia (e guai se sparissero i poeti, quelli di ieri, di oggi e di domani, quelli vicini e quelli lontani, quelli che vanno in tram e quelli che camminano sui trampoli, quelli che vanno in bici e quelli che... e quelli che invece...).

***

Siamo di troppo

È così pieno il mondo. Terribilmente pieno.
Di montagne, di piante, di caserme e officine.
Di case con vicini e di bianchi ospedali.

(Ogni tanto vi è un fiore. Non reciderlo, amico.
Qualche volta dei fiumi come vene smarrite).

Quanti treni, aerei, carceri, torpediniere,
motori e banche e cinema e osterie.
Sale operatorie.

Tante graziose stelle e insegne luminose.
(Cognac Barbier, Calzature Eureka e altre ancora).

(E poi anche automobili veloci e più belle
di arcangeli d’acciaio con le ali piegate).

Donne esultanti. (Rouge aux lèvres. Sigarette).
E bimbi che singhiozzano dietro le pareti,
la madre accanto dorme con una pietra al collo.
E bebè custoditi in lettini cromati,
ben pasciuti fra trine e latte condensato.
Dolciastre zitellone col loro cagnolino.

Ragazze dallo sguardo divinamente ottuso.
E biondi adolescenti cui strani desideri
fanno rizzare il pelo.

Il mondo, soprattutto, di uomini è pieno.
Quante mani superflue, camicie rappezzate,
scarpe sdrucite che lambiscono gli asfalti.
Quanti occhi e quante bocche appostate voraci.
Quanti cervelli bianchi e pensieri come pesci
rotanti fra benefici cachet di aspirina.
Per non parlar dei dotti. Quegli strazianti dotti
che vegliano giocando con oscure parole:
Ciclotrone, supersonico, cibernetica e altre.

È così pieno il mondo, ch’io, vi assicuro, amici,
non saprei dove mettermi.
Non so se avrò mai posto.
Son di troppo i poeti.

Ángela Figuera Aymerich (Bilbao, Spagna 1902 – Madrid 1984), da Obras completas, 1986, traduzione di Pablo Luis Ávila e Giancarlo Depretis

*ascoltando Michael Schenker – I Am Grateful https://www.youtube.com/watch?v=kUkQva0ggbI


13 agosto 2024

Occhio!

 

Un gatto che forse ha visto una pulce (o un poeta?)

 

(I poeti danno fastidio?)

***

Sono come le pulci, i poeti
acquattati nel pelo del mondo.
Invisibili, se ne stanno passivi
nelle ore dolci dei vivi
ma in un tale loro modo
e così a caso dispersi
fra i tanti, singoli vanti.
Oh, se mordono, nei loro nidi
e hanno, a volte, certi visi
sotto gli occhi di tutti…
E bisogna cercarli, perché
smettano infine il fastidio
uno a uno e prima o poi
di certo, scovarli, stanarli
dai loro nascondigli
i pochi (troppo pochi!) poeti.

Biancamaria Frabotta (Roma, 1946), da Tutte le poesie 1971-2017


°ascoltando  Mike Oldfield, Enigmatism https://www.youtube.com/watch?v=XzUkldDo9pM&t=9s


9 agosto 2024

Annunci strani in bacheca

 

Se la poesia non serve a nulla, dei poeti che (ce) ne facciamo? Ci inventiamo un riciclo creativo e li facciamo diventare altro?

***


Annunci classificati

Si ricercano medici e infermiere
Così annunciano i giornali
Si ricercano sarti e modiste
Chi ha bisogno di poeti?

Dove trovare un annuncio che dica:
“Invitiamo poeti a domicilio
Perché è diventato insopportabile
Esprimersi nel linguaggio comune.

Ricerchiamo belle parole
Siamo disposti a recapitare le nostre anime”.
Voglio comprare una fattoria.
Si ricercano vacche da latte.

Fëdor Sologub (San Pietroburgo, 1863-1927), fonte www.elcolombiano.com


°ascoltando Peter Green & Snowy White – Slabo Day https://www.youtube.com/watch?v=wzGXWr1aMPU

 


17 giugno 2024

Che incubo!

 



“Che incubo la poesia!”
Chi non l’ha mai pensato, almeno una volta? 
Eppure…

***

 

Niente poesiole

E poi la peggior cosa è la poesia,
che non piace a nessuno e infatti leggerla
è un incubo, perché non si sa mai
cosa il poeta abbia davvero in mente.

Anziché scrivere quello che ha in mente,
sta lì a pensare, e a inventare, per scrivere
proprio di tutto, infine, ad eccezione
di ciò che aveva in mente per davvero

e con l’aria furbetta scribacchia
lettere a un Ciottolo, ad Amleto, a un Gatto
nell’appartamento vuoto, ai Cannibali
o alla Povera Lingua, ma non vuole

parlar chiaro agli Umani, come noi,
cui i versi appaiono nei brutti sogni.

Tomasz Różycki (Polonia, 1970), in “Poesia”, Crocetti Editore, vol. 25, maggio/giugno 2024, traduzione di Andrea Ceccherelli

°ascoltando Neutral Milk Hotel – The Fool https://www.youtube.com/watch?v=JsjqxU1Jg88

21 marzo 2024

Il paradosso della poesia

 

La poesia, ultimamente, è molto celebrata, è stata rivalutata, viene insegnata ovunque, è molto citata (usata perfino – benché spezzettata − come didascalia di selfie in déshabillé), eppure, in genere, chi scrive (o prova a scrivere) poesie si vergogna a dire che scrive poesie.  Come mai?

Ma chi se ne importa! – direte voi – Sono problemi di quelli che scrivono poesia: hanno voluto la bicicletta…?

***

Fare poesia

‘Devi abitare la poesia
se vuoi fare poesia’.

E cosa significa ‘abitare’?

Significa portarla come un abito, indossare
le parole, sedendo nella luce più netta,
nella seta del mattino, nel fodero della notte;
un sentire spoglio e frondoso in un’aria che sorprende;
familiare… insolita.

E cosa significa ‘fare’?

Essere e diventare il clima mutevole
delle parole, il servo della musa a condizioni
atroci, intraprendere viaggi sopra voci,
evitare la collina dell’ego, il pozzo dell’afflizione,
la sirena che sussurra stampare, successo, stampare,
successo, successo, successo.

E perché abitare, fare, ereditare poesia?

Oh, è la commedia condivisa della peggiore
benedizione; il suono che guida la mano;
la parola vitale che scorre da una mente all’altra
attraverso le stanze lavate dei sensi;
una di quelle stregate, indifendibili, impoetiche
croci che pur dobbiamo portare.


Anne Stevenson, da Le vie delle parole, Interno Poesia Editore, 2018, traduzione di Carla Buranello

 

***

Making Poetry

‘You have to inhabit poetry
if you want to make it.’

And what’s ‘to inhabit’?

To be in the habit of, to wear
words, sitting in the plainest light,
in the silk of morning, in the shoe of night;
a feeling bare and frondish in surprising air;
familiar…rare.

And what’s ‘to make’?

To be and to become words’ passing
weather; to serve a girl on terrible
terms, embark on voyages over voices,
evade the ego-hill, the misery-well,
the siren hiss of publish, success, publish,
success, success, success.

And why inhabit, make, inherit poetry?

Oh, it’s the shared comedy of the worst
blessed; the sound leading the hand;
a wordlife running from mind to mind
through the washed rooms of the simple senses;
one of those haunted, undefendable, unpoetic
crosses we have to find.

°ascoltando Adam Baldych, Paolo Fresu – Poetry  –  https://www.youtube.com/watch?v=AJap8HP841s


14 novembre 2022

Fai un segno sulla risposta che più ti rappresenta

 


In un’intervista  del 2015 (qui), alla domanda  Quale importanza può avere la poesia nella vita delle persone? la poetessa Chandra Livia Candiani ha risposto: “Se i poeti facessero sciopero, forse all’inizio non se ne accorgerebbe nessuno, ma se la poesia finisse per andarsene dal mondo, non sopravviveremmo”.

Quanto sei d’accordo con questa affermazione?

***

°ascoltando Elisa – Una poesia anche per tehttps://www.youtube.com/watch?v=Ol8pdwcPBXE


12 novembre 2022

Che cosa scriveresti?

 

Se tu adesso dovessi scrivere la tua autobiografia, useresti dei toni autocelebrativi o ti sminuiresti come fa il poeta qui sotto (da bravo poeta che – come molti – ritiene completamente ininfluenti e inutili i  propri scritti)?

 ***

 

Biobibliografia
 
A te che vuoi notizie
biobibliografiche di me
dico che ho nome
e cognome data e luogo di nascita
in un’anagrafe ingiallita
in un antico archivio d’analfabeti
piegati in quattro invece
mi porto in tasca
il luogo e la data della morte.
Scrissi talvolta qualcosa
su carta urgente
a indirizzi disabitati.
Se hai fiuto mi trovi
negli angoli d’un buio quartiere
o agli incroci dei verdi semafori
la mano tesa a chiedere aiuto.
 
Bruno Cattafi  (Barcellona Pozzo di Gotto 1922 –1979), da  Il tempo del Ceppo, Giunti, Firenze, 1997

°ascoltando Nick Drake – Poor Boyhttps://www.youtube.com/watch?v=8TeZMGx4q6c
 



 

21 marzo 2022

Quasi ti sorride

 


(la poesia non morde)

e quasi sorride

la poesia non morde, niente paura
sì, a volte – aghi di pino, sabbia
sulla pelle –  pungerà un poco e
sbanderai dal percorso più sicuro
ma vi terrete compagnia. E forse
ti domanderai cos’avrà voluto
dire quel matto d’un poeta matto?
ma anche questo dubbio è compagnia.
 
Impazzisco per quell’attimo chiaro:
alzo gli occhi da una pagina
e sto davanti a chi l’ha scritta

e mi guarda e quasi mi sorride

©irenemarchi2022

♥ ascoltando Hayden Calnin – Made of Everything  https://www.youtube.com/watch?v=xp18UrsUK94


10 novembre 2021

Affettuosi nomignoli?



Shel Silvestrein, da
Strada con uscita – Poesie e disegni

 

E se dessimo un soprannome buffo e un po’ canzonatorio alle nostre paure più grandi?
Ridere di ciò che ci spaventa (sì, anche di quella paura che sentiamo sempre alle nostre spalle e di cui intravediamo perfino l’ombra)  potrebbe essere d’aiuto?
Appena trovo il nome più adeguato, io voglio assolutamente provare: se funziona  e  se quel mostro-paura non mi  avrà divorato in un boccone… tornerò a raccontare come è andata. Stay tuned!

***

Il peggiore

Parlando di racconti sanguinari,
di vampiri e di lupi mannari,
c’è un mostro che agli altri non è pari
ma in cattiveria li sorpassa tutti:
grosso un quintale, alto metri tre,
è il Glurpi-Slurpi-Turpi-Murtirutti
che è proprio dietro a te.

Shel Silvestrein, da Strada con uscita – Poesie e disegni di Shel Silvestrein, Salani Editore, 1994, traduzione di Danilo Bramati e Luigi Spagnol


°ascoltando Baustelle – Panico! https://www.youtube.com/watch?v=ZnBL7s9-4pw


19 settembre 2021

C’è il sole?

 


 

Il sole c’è (ed è per tutti)

***

Politica del sole

Ho visto il sole dentro una pozzanghera,
e ricordo di quando calava
dentro lo scavo della fognatura.
S’infilava nel fondo, nel cunicolo,
a scaldare la schiena al manovale.
L’ho visto carezzare orbite ai ciechi,
lisciare il bianco ai vecchi,
disinfettare l’ombra ai marciapiedi,
illuminare il nero delle vedove,
stare coi prigionieri all’ora d’aria,
sfondare il tetto di nuvole e di pioggia
e fare un tuffo nell’arcobaleno,
sole, compagno anarchico del mondo,
luce del giorno in corso e non dell’avvenire.

Erri De Luca, da Bizzarrie della provvidenza, Einaudi, 2014

ascoltando  Here Comes The Sun (da Richie Havens) https://www.youtube.com/watch?v=I9KSxqCShBY


31 luglio 2021

Parlando di sogni

 

(Un acchiappasogni può sempre servire)

 

Non rifiutare i sogni in quanto sogni.
Tutti i sogni possono
esser realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è la pietra, quello è la pietra.
A correre nei fiumi non è un’acqua,
ma è un sognare, l’acqua, cristallino.
Maschera i propri sogni
la realtà e dice:
«Io sono il sole, i cieli, l’amore».

Mai però se ne va, mai si allontana,
se fingiamo che sia più d’un sogno.
E viviamo sognandola. Sognare
è quel modo che l’anima
ha per non farsi mai sfuggire
quel che le sfuggirebbe se smettessimo
di sognare che è vero quello che non esiste.
Solo muore
un amore se non è più sognato
fatto materia e che si cerca in terra.

***

No rechaces los sueños por ser sueños.
Todos los sueños pueden
ser realidad, si el sueño no se acaba.
La realidad es un sueño. Si soñamos
que la piedra es la piedra, eso es la piedra.
Lo que corre en los ríos no es un agua,
es un soñar, el agua, cristalino.
La realidad disfraza
su propio sueño, y dice:
«Yo soy el sol, los cielos, el amor».

Pero nunca se va, nunca se pasa,
si fingimos creer que es más que un sueño.
Y vivimos soñándola. Soñar
es el modo que el alma
tiene para que nunca se le escape
lo que se escaparía si dejamos
de soñar que es verdad lo que no existe.
Sólo muere
un amor que ha dejado de soñarse
hecho materia y que se busca en tierra.

Pedro Salinas (Madrid, 1891-1951), da Il corpo favoloso. Lungo lamento, Passigli, 2015, raduzione di Valerio Nardoni

∞ ascoltando The Pines feat. John Trudell & Quiltman – Time Dreams https://www.youtube.com/watch?v=1AvlHWiMMaI



18 luglio 2021

Dubbi? Perplessità?…


Alzi la mano  chi si sente più o meno come il poeta nella poesia qui sotto.

Lo vedi? Siamo in ottima compagnia (ora possiamo abbassare la mano).

***

 

Mai ho saputo chi sono né mai lo saprò.
So solo che il vento soffia e la pioggia cade,
il mare selvaggio bramisce tra le rocce
e il sole illumina i lieti boschi.
Ma chi mi insegnerà a essere me stesso
perché io possa udire il tiro a caso
risuonare tra il dubbio e la certezza
e possa leggere, nelle carte sul tavolo,
la verità delle carte di un mazzo?
Non so dire neanche se sono l’altro,
l’ombra che mi insegue sotto il sole
e mi sfoglia come se fossi un girasole
e in me si nasconde quando mi scopro
nella mancanza e nell’assenza e mi cerco
nel graffito  che macchia la calce del muro.
Tutto in me è domanda e incertezza.
E perplesso cammino verso la spiaggia
prima che tutto in me in me si perda.

Lêdo Ivo (Brasile, 1924 – 2012), da Plenilunio, in Requiem, traduzione di Vera Lùcia de Oliveira

° ascoltando Hans Zimmer – Rain Man Theme https://www.youtube.com/watch?v=fKZkIt0QRoM&t=6s


22 aprile 2021

Da non prendere alla lettera!

 

Dice una cosa vera, secondo me, questa poesia.  Ma al massimo, e proprio al massimo, potremmo fare (bonariamente) le boccacce a un/una poeta che non ci sta simpatic*, un* di qualsiasi epoca… hai già in mente qualcun*?

***

 

La poesia è un sasso nell’abisso,
l’eco della poesia scompagina i profili:
per il bene delle acque e delle anime
assassiniamo il poeta.

Mário Quintana (Brasile, 1906 – 1994), da L’apprendista stregone (1950)

       °ascoltando Jean Michel Jarre – Soul Intrusion


19 marzo 2021

Amore di vento

 

Hai mai avuto una storia d’amore con il vento?

***

Il vento e io

Il vento moriva di tedio
perché gli piaceva cantare
ma non aveva nessuna parola per la sua voce,
ogni volta più vuota…
Tentai allora di comporgli una canzone
così striminzita come la mia vita
e con avventure sorprendenti che inventavo al momento
come quella che da bambino mi rubarono gli zingari
e finii a vagare senza patria, senza famiglia, senza niente in questo vasto mondo…
Ma il vento, per questo,
ora, mi considera come lui…
E mi dedica un amore solidale, profondo!

Mario Quintana (Brasile, 1906 – 1994), da Velório sem Defunto, 1990, traduzione di Emilio Capaccio

***

O vento e eu

O vento morria de tédio
porque apenas gostava de cantar
mas não tinha letra alguma para a sua própria voz,
cada vez mais vazia…
Tentei então compor-lhe uma canção
tão comprida como a minha vida
e com aventuras espantosas que eu inventava de súbito,
como aquela em que menino eu fui roubado pelos ciganos
e fiquei vagando sem pátria, sem família, sem nada neste vasto mundo…
Mas o vento, por isso,
me julga agora como ele…
E me dedica um amor solidário, profundo!

°ascoltando King Crimson – I Talk To The Wind https://www.youtube.com/watch?v=UlKrH07au6E


23 novembre 2020

Caspita…

 

Niente da fare… i poeti resistono!

***

I poeti resistono

I poeti resistono.
È dura sbarazzarsi di loro,
solo dio sa quanto ci abbiamo provato.
Li oltrepassiamo in strada
lì con il loro piattino per l’elemosina,
un’antica usanza.
Ora non c’è nulla dentro
a parte mosche secche e monetine false.
Guardano fissi avanti.
Sono morti, o cosa?
Hanno l’aspetto irritante
di chi ne sa più di noi.
Di più riguardo a cosa?
Che cosa credono di sapere?
Sputatelo fuori, gli sibiliamo.
Ditelo chiaramente!
Se cerchiamo una semplice risposta,
ecco si fingono pazzi,
o ubriachi, o poveri.
Hanno indossato quei costumi
tempo fa,
quei maglioni neri, quegli stracci;
ora non riescono a toglierli.
E hanno problemi con i denti.
Questo è uno dei loro fardelli.
Dovrebbero farsi un trattamento.
Hanno anche problemi con le ali.
Non otteniamo granché da loro
in questi giorni al dipartimento di volo.
Non più impennate, sfolgorii
né chiasso.
Per cosa diavolo vengono pagati?
(Supponendo che vengano pagati.)
Non riescono a staccarsi da terra,
loro e le loro piume infangate.
Se volano, è verso il basso,
nella terra umida grigia.
Andatevene, diciamo
e portatevi la vostra noiosa tristezza.
Non siete graditi qui.
Avete dimenticato come dirci
quanto siamo sublimi.
Come l’amore sia la risposta:
quella ci è sempre piaciuta.
Avete dimenticato come adulare.
Non siete più saggi.
Avete perso il vostro splendore.
Ma i poeti resistono.
Non sono altro che tenaci.
Non riescono a cantare, non riescono a volare.
Solo saltellano e gracchiano
e sbattono contro l’aria
come se fossero in gabbia,
e raccontano la solita vecchia storia.
Quando interrogati, rispondono
che parlano di quello che devono.
Caspita, se sono pretenziosi.
Loro sanno qualcosa, comunque.
Lo sanno.
Qualcosa che sussurrano,
qualcosa che non riusciamo a sentire del tutto.
Riguarda il sesso?
Riguarda la polvere?
La paura?

Margaret Atwood (Ottawa, 1939), da The door, Virago Press, 2009, traduzione di Eleonora Rao

 

°ascoltando Angelo Branduardi – Confessioni di un malandrino, (dalla poesia Confessioni di un teppista di Sergej Esenin, poeta russo nato nel 1895) https://www.youtube.com/watch?v=1UTgEjex5gU


9 luglio 2020

Di poesia e di poeti


Non dimenticare di cogliere la poesia ma (eventualmente) lascia perdere i poeti: questo è, semplificando, quello che si potrebbe dedurre dai brani riportati qui sotto. Sei d’accordo? Ma poi, chi sono i poeti?!

***

 

(…) A cosa serve la poesia? Con tutto il rispetto, amico, puoi chiedere a cosa servono il ditirambo, l’emistichio, lo strambotto, la rima baciata e così via, cloppete clocchete chchch… Puoi chiedere perfino a cosa servono i poeti. Ma a cosa serve la poesia, no. È procurato allarme, apologia di fascismo, istigazione a delinquere, insider trading, pesca di frodo, gioco delle tre carte. Tutto insieme.

Poesia è quello che potresti essere dopo la necessaria espiazione, cloppete clocchete chchch… (…)

Ennio Cavalli (Forlì, 1947), da Se ero più alto facevo il poeta, La nave di Teseo, 2019

***

I poeti, amore mio, sono
degli uomini orribili,
dei mostri di solitudine, evitali
sempre, a cominciare da me.
I poeti, amore mio, sono
da leggere. Ma non fare caso
a quel che fanno nelle loro vite.

*

Los poetas, amor mío, son
unos hombres horribles, unos
monstruos de soledad, evítalos
siempre, comenzando por mí.
Los poetas, amor mío, son
para leerlos. Mas no hagas caso
a lo que hagan en sus vidas.

Raúl Gómez Jattin (Colombia, 1945-1997)

*ascoltando Pat Metheny with Charlie Haden – Cinema Paradiso di  Ennio Morricone https://www.youtube.com/watch?v=qEwXcgwzIYE


11 febbraio 2020

A quale gruppo?

 


Illustrazione da “Sun and Moon”, aa.vv., Tara Books, Chennai, India, 2006 (Salani Editore, 2016, Milano)


Niente paura, qui nessuna propaganda politica.
Però dimmi, se tu cominciassi a scrivere poesie domani, a quale di questi gruppi di poeti preferiresti appartenere?

***

Quanto ai poeti

I Poeti della Terra
Che scrivono piccole poesie,
Non hanno bisogno dell’aiuto dell’uomo.

I Poeti dell’Aria
Recitano fino in fondo gli zefiri più impetuosi
E ciondolano talvolta nei mulinelli.
Poesia dopo poesia,
Si arricciano a spirale nella medesima spinta motrice.

A cinquanta sottozero
Il combustibile fossile non scorre
E il propano resta nella cisterna.
I Poeti del Fuoco
Bruciano allo zero assoluto
L’amore fossile risucchiato in superficie.

Il primo
Poeta dell’Acqua
È restato sul fondo per sei anni.
Ricoperto di alghe.
La vita nella sua poesia
Ha lasciato milioni di minuscole,
Molteplici tracce
Intrecciate nel fango.

Con il Sole e la Luna
In pancia,
Il Poeta dello Spazio
Dorme.
Senza fine il cielo –
Ma le sue poesie,
Come oche selvatiche
Volano oltre il confine.

Un poeta della Mente
Rimane in casa.
La casa è vuota
E non ha pareti.
La poesia
È vista da ogni lato,
Dovunque,
In un unico momento.

Gary Snyder (San Francisco, 1930), da L’isola della tartaruga, 1975, traduzione di Chiara D’Ottavi

°ascoltando Antonio Vivaldi, Concerto per flauto ed archi  “Il cardellino”, op. 10 n. 3 https://www.youtube.com/watch?v=vYrvOQiCx4I


27 giugno 2018

Tipi strani

 


I poeti sono davvero tutti dei tipi strani?
O è solo uno stereotipo?
Tu ne hai mai conosciuto qualcuno?

***

La chiave del gas

La moglie del poeta è condannata a leggere o ascoltare
i versi del poeta che fumano
appena estratti dall’anima. E ancora:
la moglie del poeta
è condannata al poeta, a quel tipo
che mai sa dove
si trova il rubinetto del gas e finge
di domandare per sapere
quando in realtà gli importa solo di domandare
ciò che non ha risposta.

                   

                   Testo originale:

La llave del gas

La mujer de poeta está
condenada a leer o a escuchar los
versos del poeta que humean
recién sacados del alma. Y más:
la mujer del poeta está condenada al poeta, a ése
que nunca sabe dónde
está la llave del gas y finge
que pregunta para saber
cuando sólo le importa preguntar
lo que no tiene respuesta.

Juan Gelman (Buenos Aires, 1930 – Città del Messico, 2014),  da Valer la pena, 2001, traduzione di L. Branchini


°Ascoltando Eugenio Finardi, Extraterrestre https://www.youtube.com/watch?v=N8HAmLnZWms

21 marzo 2018

Poesia. Perché no?

 

Per la Giornata Mondiale della Poesia (21 marzo,  istituita dall’UNESCO nel 1999), Lapoesianonsimangia smentisce il suo stesso nome e apre con questa poesia di Mark Strand… in cui si mangia poesia, appunto, e con gustosa felicità:

 

Mi cola inchiostro dagli angoli della bocca.
Non c’è contentezza come la mia.
Ho mangiato poesia.

La bibliotecaria pensa di avere le traveggole.
Ha gli occhi afflitti
e cammina con le mani tra le pieghe del vestito.

Le poesie sono svanite.
La luce è fioca.
I cani sono sulle scale della scantina e salgono.

Roteano gli occhi,
le zampe bionde bruciano come stoppie.
La povera bibliotecaria comincia a battere i piedi e piange.

Non capisce.
Quando mi inginocchio e le lecco la mano,
urla.

Sono un uomo nuovo.
Le ringhio contro e abbaio.
Faccio le feste felice nel buio libresco.

Mark Strand, da Motivi per muoverci, 1968, in L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Mondadori, traduzione di Damiano Abeni, Milano, 2011

… a seguire, una poesia per dare voce ai dubbi un po’ rassegnati di una poetessa  che si domanda il  perché (e anche il per chi) dello scrivere poesia:

A una poesia non ancora nata

Davanti a un tè ci domandiamo perché scriviamo poesie.
Dieci persone le leggono, in ogni caso.
A tre non piacciono
per partito preso.
Tre provano un vago struggimento
ma devono pensare ai rubinetti che perdono
e al traffico cittadino.
A due piacciono
e non avrebbero problemi a dirtelo,
ma non sanno come.
Un’altra è tutta presa a preparare domande
sulle facili ironie
e sulla politica dell’identità.
La decima si chiede
se porti le lenti a contatto.

E noi
corrotti come chiunque altro
da un mondo assuefatto
ai carboidrati
e alle parole,

brancoliamo ancora
fra tramonti, metrica e
schegge di speranza

per un istante
liberi
dal terribile contagio
dell’abitudine.

Arundhathi Subramaniam, da L’India dell’anima – Antologia di poesia femminile indiana contemporanea in lingua inglese (Le Lettere, 2006), traduzione di Andrea Sirotti

Per chiudere, un accorato invito a chi ha ancora voglia di scrivere poesia (già riportato, insieme ad altri testi, qui: http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/03/20/21-marzo-giornata-mondiale-della-poesia/)

Voce attiva

Canta, poeta, canta!
Violenta il silenzio conformato.
Acceca con un’altra luce la luce del giorno.
Inquieta il mondo quieto.
Insegna ad ogni anima la sua ribellione.

Miguel Torga (São Martinho de Anta, 1907-1995), da “Poesia”, n. 182, aprile 2004, traduzione di Daniela Di Pasquale.

°ascoltando Yann Tiersen – Porz Goret https://www.youtube.com/watch?v=KwwwWz6Ef3I



20 dicembre 2017

Trova il poeta

 


Illustrazione tratta dal libro “Incontri-Disincontri”, Jimmy Liao, traduzione di Silvia Torchio,  Terre di Mezzo editore, 2017

Dove vivono i poeti, come si vestono, come si muovono? Inciampano davvero nei sassi guardando le nuvole o sono anche loro dei quasinormali? (Chi sarà l’anima poetica nel disegno qui sopra?)

***

Solitudini intersecate

Esistono molte solitudini intersecate – dice – sopra e sotto
ed altre in mezzo; diverse o simili, ineluttabili, imposte
o come scelte, come libere – intersecate sempre.
Ma nel profondo, in centro, esiste l’unica solitudine – dice;
una città sorda, quasi sferica, senza alcuna
insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette,
con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta
da bagliori di segnali sconosciuti. In questa città
da anni dimorano i poeti. Camminano senza far rumore, con le mani conserte,
ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi,
questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati
dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle,
inseguiti dalle loro stesse parole, dette o non dette.

Ghiannis Ritsos (Monemvasià 1909 – Atene 1990), da Ghiannis Ritsos – Poesie (Gesti), traduzione di Nicola Crocetti

°ascoltando Litfiba – Straniero https://www.youtube.com/watch?v=T7UXdNxX55U


Ipotesi di percorso

  (Perdersi tra l'argento degli ulivi mi sembra un bellissimo programma) ***   Dobbiamo cercare sepolture nel volo delle rondini i...