La musica ascoltata con te
resterà sempre con noi.
Il grave Brahms e l’elegiaco Schubert,
alcuni canti, la terza sonata di Chopin,
quartetti dal suono
che lacera il cuore (Beethoven, gli adagi)
e la tristezza di Šostakovic, che
non voleva morire.
I grandi cori nelle passioni di Bach
– come se qualcuno ci chiamasse
ed esigesse da noi la gioia,
pura e disinteressata,
la gioia in cui la fede
è qualcosa di ovvio.
Certi frammenti di Lutosławski
fuggitivi come i nostri pensieri.
I blues di una cantante di colore
ci trafiggevano come acciaio lucente –
anche se ci avevano raggiunto in strada,
in una brutta città polverosa.
Le marce di Mahler che non hanno fine,
la voce della tromba che apre la Quinta sinfonia
e la prima parte della Nona
(talvolta tu la chiami « malheur »!).
La disperazione di Mozart nel Requiem,
i suoi concerti per pianoforte sereni,
che meglio di me cantarellavi
– ma ciò lo sappiamo bene.
La musica ascoltata con te
tacerà insieme a noi.
Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 1945), da Dalla vita degli oggetti – Poesie 1983-2005, Adelphi, 2012, traduzione di Krystyna Jaworska